Repubblica, August 26, 2013

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L' azzardo di Elvis Costello Ecco il mio flirt con l' hip hop


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   Giuseppe Videtti

LONDRA Con quella paglietta in testa e gli occhi furbi e intelligentissimi sembra un personaggio da vaudeville che cerca di attirare l' attenzione della piazza sul suo unguento miracoloso.

«Non ho un nome per questa musica», dice Elvis Costello, che ieri ha compiuto 59 anni, «è un calderone pieno di polveri e pozioni, di rospi e dita, e di quello che io chiamo rock and roll - perché è così che all' origine si chiamava. Ma non facciamoci confondere dalle etichette».

Wise up ghost, l' album inciso con i Roots che esce il 16 settembre, è carico di ingredienti nuovi e spezie forti. Diverso dal solito, eppure perfettamente Costello. Per un artista che ha collaborato con Paul McCartney e Burt Bacharach - leader di due rock band come Attractions e Imposters, appassionato di bluegrass e jazz che ormai si divide fra Inghilterra e Nordamerica, accanto alla bella moglie Diana Krall e ai loro due gemelli - una full immersion nell' hip hop era la mossa meno prevedibile.

«Ecco appunto», precisa l' artista che esordì 35 anni fa con My aim is true, «l' ultima cosa che volevo era che la gente dicesse, questa me l' aspettavo».

Ha inciso trenta album e ha composto musica per progetti ben più ambiziosi della canzonetta; le sue canzoni sono state riprese da Chet Baker e Robert Wyatt, Linda Ronstadt e Dusty Springfield, Roy Orbison e Johnny Cash.

«Preferisco non ricordarli tutti insieme», scherza. «Sono un artista molto fortunato anche se gli ultimi due anni non sono stati facili, sovraccarichi di riflessioni malinconiche, in parte dovute alla malattiae alla morte di mio padre. Non sono riuscito a recuperare il ritmo abituale finché non ho iniziato a lavorare a questo disco. Solo adesso mi rendo conto di avere molte cose di cui essere grato: l'amore di mia moglie e dei miei figli, l'affetto di mia madre che ha appena compiuto 86 anni ma ha un' energia pazzesca. Quando ti avvicini ai 60 questi sono doni preziosi. Il resto arriva dalle piccole illuminazioni quotidiane che accadono agli artisti: la musica, l' ispirazione per scrivere un libro, la relazione con Bacharach che è sempre più stimolante, i concerti estivi che ho tenuto con gli Imposters...».

Com' è nata l' intesa artistica con i Roots?

«Da un incontro casuale avvenuto al Late Show with Jimmy Fullon di cui i Roots sono la house band. Una collaborazione sorprendente anche per me; conoscevo la loro musica ma non mi era mai balenata l' idea di una collaborazione. Sono stato conquistato dal talento e dalla straordinaria versatilità di Ahmir ?uestlove Thompson e Kamal Gray. Il progetto iniziale era creare nuovi arrangiamenti per dodici classici del mio repertorio, ma subito ci siamo orientati sulla composizione di materiale inedito. Senza mai avventurarmi in un territorio che non mi è familiare, non del tutto almeno; a nessuno verrà mai in mente di dire che questo è un disco hip hop».

In effetti i Roots sono un gruppo sui generis, colto e politicamente schierato. Qual è la sua attitudine nei confronti dell' hip hop in generale?

«L' hip hop ha generato una ventata di nuove idee; quando ascoltai The Message (Grandmaster Flash, 1982) rimasi sbalordito dalla potenza di quella musica. Questo non vuol dire che io come artista sia in grado di abbracciare l' hip hop in toto, ci sono ballate nel disco, e ce ne sono tante, c' è funk, ci sono le influenze jazz che ho accumulato nella mia carriera (tra Mingus e Cannonball Adderley), echi di gospel e di rhythm and blues. Ho agito come sempre, coinvolgendo in ogni nuovo disco tutte le esperienze passate, come musicista ma anche come ascoltatore».

Grazie alla sua insaziabile curiosità ha ormai maturato un voluminoso vocabolario musicale. Le capita mai di disorientarsi nel labirinto dei suoni e degli stili che ha visitato?

«Perdersi è piacevole. Mi capita di riascoltare vecchi dischie pensare: come diavolo ci sono riuscito?». Guardandosi indietro, era questa la carriera che voleva quando esordì in piena esplosione punk? «Fu grazie a mio padre, un trombettista jazz, che fui precocemente esposto alla musica. Non c' erano album di rock and roll in casa tranne quelli che mio padre cominciò a comprare quando fu costretto a lasciare la tromba e mettersi a cantare i successi dell' epoca per sbarcare il lunario. Io esordii senza certezze. Immaginavo che quella sarebbe stata un' attività secondaria, che il successo sarebbe durato un paio d' anni, che avrei dovuto trovarmi presto un altro lavoro per sopravvivere. Come mio padre».


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la Repubblica, August 26, 2013


Giuseppe Videtti interviews Elvis Costello ahead of the release of Wise Up Ghost'.


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