La prima mezz'ora è tutta sua. Dioniso, operaio di fonderia (o figlio di Zeus? come suggerisce il libretto) che aspira alla trascendenza, in scena con i suoi sogni, folle d' amore per la voce di una cantante d' opera che gli è entrata nel sangue con la prepotenza di una passione incontrollabile (tema già esplorato dal film Diva di Jean-Jacques Beineix).
La tensione del pubblico è cruciale, perché Dioniso è Sting, per cinque repliche, fino al 25 novembre, al Théâtre du Châtelet di Parigi nell' opera bilingue Welcome to the voice, scritta da Steve Nieve, fido collaboratore di Elvis Costello, su libretto di sua moglie Muriel Teodori, autrice, regista e psicopatologa junghiana, già pubblicata su disco nel 2007 dalla Deutsche Grammophon.
In scena ci sono anche Elvis Costello, nei panni di un rozzo e violento poliziotto insensibile al bel canto, e Joe Sumner, primogenito di Sting (che domani compie 32 anni), nella parte dell' amico del cuore (nel disco era Robert Wyatt ed era, ovviamente, un' altra storia). Opera complessa, non solo perché la storia, tra mitologia e realtà, trascina nel mondo della lirica la classe operaia, con i ben noti problemi di tagli, disoccupazione e scioperi, ma anche perché tenta un connubio, storicamente poco riuscito, tra pop, jazz, melodramma, musica dodecafonica e seriale nel tentativo di scrivere l' opera del futuro. «La mia parte è quella di un operaio siderurgico comunista», spiega Sting, «sedotto dal fascino e dalla potenza del bel canto. Quindi è piuttosto logico che egli canti con la voce di un proletario». Sting, 57 anni, dopo aver abbandonato il pop per un disco di arie rinascimentali (Songs from the labyrinth), ha avuto una pericolosa recidiva riportando in scena i Police in tour mondiale. «C' è un elemento spirituale nella classica che è assente nella musica moderna», ha detto. «Bisogna rischiare, uscire dal proprio seminato. Nessuno di noi si è buttato in questa avventura con la certezza di saper far bene l'opera. Siamo qui per imparare, perché gli esami, nell' arte come nella vita, non finiscono mai». Miracolosamente, Welcome to the voice riesce a non far sembrare sgradevole l' accostamento tra il timbro di Sting, straordinariamente efficace con il coro e L' Ensemble Orchestra de Parsi diretto da Wolfgang Dolerne, e quella dei soprani che danno voce ai suoi turbamenti - i fantasmi di Carmen, Madame Butterfly e Norma - e la sensuale Lily, impersonata dalla brava Sylvia Schwartz. La valanga di applausi, più di un quarto d' ora, sono stati soprattutto per lei e Sting (il gap culturale che esiste tra pop e opera, tra l' operaio e il mondo della lirica, sta esattamente nella diversità delle loro voci). Di fronte a tanto zelo gli si perdona anche il nepotismo, affatto italiano (Sting vive sei mesi all' anno in Toscana). Dopotutto suo figlio non ha sbagliato una nota, al contrario del Costello-poliziotto, giù di voce, impacciato e poco carismatico. Di fronte al trionfo, Sting è caduto in ginocchio tendendo le braccia verso la platea. Potere della lirica? O del pop?
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