Buscadero, March 1993

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Buscadero

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Zelig Costello


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   Alfredo Marziano

Elvis Costello: lo Zelig del rock, il trasformista capace di cambiare pelle a seconda dell'umore mutevole e dello spirito dei tempi. Non è una novità, per chi ha seguito le tappe della sua frastagliata, erratica carriera discografica e ha in mente il Motown soul di Get Happy! Il country nashvilliano di Almost Blue, le ruvidezze garage di Blood & Chocolate, la multicolore eterogenità di Spike e Mighty Like A Rose.

Ma con The Juliet Letters e la collaborazione con il Brodsky Quartet — gruppo cameristico giovane ma già collaudato, cresciuto sul repertorio di Shostakovich, Schubert, Beethoven, Haydn e Bartok — Declan MacManus è andato molto oltre. Oltre la rilettura e la rielaborazione, per quanto personale e visionaria, di generi codificati, di stili musicali riconoscibili; in The Juliet Letters i cinque musicisti, dediti ad un continuo intercambio di stimoli e di suggerimenti, hanno giocato d'azzardo, provando a spogliarsi dei rispettivi panni professionali (il musicista accademico, il rocker intellettuale e irrispettoso) per esplorare, come lo stesso Costello scrive nelle note di copertina dell'album, le possibili e poco battute combinazioni fra voce e quartetto d'archi.

Per chi ha le orecchie addomesticate ai "pieni" sonori e agli standard tipici delle produzioni rock (e certo anche per i cultori della musica classica) il risultato è straniante. Frammenti di memoria musicale collettiva (un pò di "Eleanor Rigby," un pò di operetta, il richiamo ai modelli colti del lied, qualcosa del Costello "sinfonico" di Imperial Bedroom) affiorano qua e là: ma altrove — e nel complesso del progetto — quello che arriva alle nostre orecchie è un suono alieno, "altro," rispetto a ciò che siamo abituati distrattamente a consumare (quella voce duttile ma poco incline ai dettami del bel canto sposata alla compostezza strumentale e alla brillantezza esecutiva del quartetto).

Nell'arco dei sessanta minuti del disco, certo, non mancano le smagliature, i passaggi macchinosi, e qualche attimo di tedio: ma ci sembra poca cosa, rispetto allo spirito avventuroso, alle intuizioni e allo humour che i cinque protagonisti infondono nel progetto, alla vivacità dei quadretti e alla genuinità dei sentimenti racchiusi nelle lettere immaginarie a Giulietta Capuleti.

E se qualcuno non se la sente di affrontare un viaggio cosi bizzarro e inconsueto, poco male: i "costelliani" irriducibili troveranno probabilmente pane per i loro denti nei futuri progetti dell'infaticabile artista, annunciati a (relativamente) breve scadenza; un nuovo album di canzoni (Idiophone), una raccolta di cover e di "personal favourites" (Kojak Variety), la colonna sonora per uno spettacolo teatrale in allestimento. Agli altri diamo invece appuntamento ai concerti italiani di inizio marzo;per intanto, permetteteci di accogliere con entusiasmo l'atto di coraggio, i segnali di mobilità intellettuale e di spregiudicatezza che The Juliet Letters rimanda a chi ha la pazienza di ascoltare.

In un'epoca in cui il music business si accontenta di riprodurre sé stesso serialmente, e in cui le "nuove" tendenze del grunge e dell'hard rock saccheggiano gli Zeppelin di Physical Graffiti e il Neil Young elettrico, The Juliet Letters è quantomeno un salutare antidoto al sonno dell'intelligenza e alle sabbie mobili della crisi creativa.

Per questo, pur con i suoi urnanissimi difetti, ci sembra un disco importante.


Tags: The Juliet LettersThe Brodsky QuartetDeclan MacManusGet Happy!!MotownAlmost BlueBlood & ChocolateSpikeMighty Like A RoseShostakovichSchubertBeethovenHaydnBartókImperial BedroomIdiophoneKojak VarietyLed ZeppelinNeil YoungJuliet Capulet

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Buscadero, No. 134, March 1993


Alfredo Marziano profiles Elvis Costello.


Bruno Conti reviews the Juliet Letters video.

Images

1993-03-00 Buscadero page 16 clipping 01.jpg1993-03-00 Buscadero pages 24-25 clipping composite.jpg
Clippings.


The Juliet Letters video


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   Bruno Conti

Lo scorso numero Paolo Vi ha esternato la sua profonda passione per l'ultimo lavoro di Elvis "Declan MacManus" Costello, irlandese, 38 anni, coniugato, professione musicista, ambizioni smisurate, intelligenza superiore alla media, aspetto ordinario (interrompiamo il collegamento con il nostro corrispondente che sta leggermente sbarellando, lo scherzo è bello quando dura poco)... Il parere del sottoscritto: so che avete passato notti insonni in attesa del mio verbo, vi dirò, sono completamente d'accordo a metà o per dirla brutalmente ho trovato questo lavoro di Costello un "vero mattone," alt fermi tutti, al primo ascolto (una sorta di Corazzata Potemkin Fantozziana da cui non si può prescindere e che si accetta forzatamente) ma... la sto riabilitando negli ascolti successivi e comincia quasi a piacermi.

A questo punto esce anche il video: ma allora è una cosa seria? Niente paura, anche se Elvis Costello appare in abito da sera con tanto di farfallino, un leggio di fronte, un inizio di conferenza, in fondo è sempre rock 'n' roll e la gag del professore di Verona, o era un veronese, o di Verona un professore alleggerisce subito l'atmosfera della serata (perché si trattasi di concerto e non di video) anche se creata, credo, involontariamente.

Un punto fondamentale di questo Juliet Letters (CD o video che sia) è l'impossibilità assoluta di essere fruito come musica di sottofondo,quindi è una musica che richiede una disponibilità all'ascoltato totale, scusate un attimo... come dici scusa? Canta senza microfono, non c'è il pubblico, neanche il leggio, non ha più lo smoking! Ma allora non è dal vivo! Scusate l'attimo di distrazione, cosa dicevamo? Ah si, la concentrazione totale che richiede questa operazione che avvicina due mondi estranei tra loro come la musica classica ed il rock... scusate mi interrompo ancora! Come? Non sono neanche videos (plurale, anche se in italiano non serve la s finale, lo so, lo so), parlano del loro incontro, Costello e il Brodsky Quartet (nella persona, deliziosa, di Jacqueline Thomas) si ammiravano reciprocamente e andavano ai rispettivi concerti.

Nota del recensore; il fatto che Costello si sia redento e sia diventato un appassionato di classica, di cameristica in particolare viene visto come un fatto naturale quasi dovuto, mentre il fatto che il Brodsky Quartet apprezzi la musica di Costello, la segua perfino è un fatto incredibile, straordinario, loro che suonano della musica "seria" fans di Costello, that's incredibile.

Il fatto straordinario secondo me è questa fusione che non è rock sinfonico, musica pop con gli archi (Nick Drake, David Ackles, Elton John. Con gli archi di Paul Buckmaster, il Paul McCartney di "Yesterday" e "Eleanor Rigby," gli arrangiamenti orchestrali di George Martin), no direi che si tratta di un quintetto di musicisti dove prevale, giustamente, l'anima pop di Elvis Costello (ed in questo il parallelo con i Beatles è pertinente) ma rivista con un suono classico, in fondo il "mestiere," "l'arte" del quartetto Brodsky è proprio questa, l'interpretazione dell'opera di altri autori. Un quesito per voi ed una mia curiosità, quanto importante è stato il contributo compositivo del quartetto, al di là dell'importanza esecutiva e del sicuro intervento negli arrangiamenti. In parole povere quanto è farina del loro sacco?

Comunque un coraggioso tentativo di uscire dalle secche creative che sembrano interessare gran parte della scena musicale attuale ed un'operazione, lo ripeto,che cresce ad ogni ascolto od in questo caso ad ogni visione. Cosa c'è ancora? Scusate di nuovo... stavo parlando con il nostro inviato... ma allora c'è il pubblico? Come in un brano solo? Va bene ho capito. Linea allo studio.


Cover and contents page.
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Magazine scans thanks to Fulvio Fiore.

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