Un nuovo disco, un musical da un vecchio album, un’autobiografia e uno show in cui canzoni da suonare sono scelte dal pubblicao. Ecco come restare in scena da 36 anni (il primo titolo é del ’77) senza cascare nella monotonia.
C’è un’enorme ruota multi-colore sul palco della Royal Albert Hall di Londre: a ciascuno dei 50 raggi corrisponde il titolo di una canzone. Una hostess passa tra il publico, sceglie uno spettatore e lo scorta sotto i riflettori. Elvis Costello, Panama a tre quarti e abito gassato blu, recita la parte del presentatore: “Gia la ruota! Girala in nome di tutta l’Inghilterra!” E insieme agli Imposters (i The Attractions con un diverso bassista) suona qualsiasi brano indichi la lancetta. Chi ha girato la ruota può restare sui palco e sedersi al (finto) bar allestito in scena, oppure esibirsi in una pole dance nella gabbia a fianco (il bello è che sono i soggeti più impensabili a farlo). Così Elvis Costello trasforma un concerto rock nello show vaudeville della Spectacular Spinning Songbook.
Sono pochi gli artisti pronti a lanciarsi ogni sera in un reportorio così vasto. “Abbiamo selezionato i brani in modo che il risultato fosse il più casuale possibile”, spiega Declan Patrick MacManus (e cioè Elvis) quando lo incontro in un club di Soho, Londra. L’occasione è Wise Up Ghost, l’album realizzato con i Roots, band americana di hip-hop alternativo. È un disco audace, fatto ritmi sincopati, melodie discordanti, groove funky e impregnato di soul Anni 70. In primo piano c’è la voce di Costello: tagliente, colorata da un vibrato che arriva al cuore. “Abbiamo suonato senza aspettative. Non ne abbiamo parlato in giro, dopotutto ne sapevamo poco anche noi”.
A sentirlo, semba che il disco sia la conseguenza inevitabile di un incontro nella minuscola sala prove dei Roots, negli studi della Nbc. Da quando il gruppo di Philadelphia serve da house band al Jimmy Fallon Show (divertando’vero e proprio patrimonio nazionale), Costello è stato ospite tre volte. “Ci siamo sempre divertiti come matti. È stato Questlove (Ahmir Thompson, batterista e leader dei Roots) a menzionare un vecchio disco che ci ha invogliati a collaborare”. Da lì è iniziato uno scambio di Mp3; di “nastri”, come li chiama ancora Costello, classe ’54. “Alla fine avevamo più canzoni delle 12 dell’album. Abbiamo cercato una selezione coerente: per argomenti, per liriche. Abbiamo lavorato senza regole e citato qualsiasi cosa ci piacesse, come fanno i musicisti jazz”.
Non mancano immagini di guerra e temi politici. “Fanno parte del mio Dna!”, ribatte l’inglese con lo stresso sorriso insolente di quando era un punk rocker incazzato di 23 anni e nascondeva il volto dietro un gigantesco paio d’occhiali neri alla Buddy Holly. “Per scuro e violento che sia, mi auguro che quest’album conservi la speranza che le cose migliorino. Anche se al momento non ci credo”. In “Cinco Minutos Con Vos” torna a parlare della guerra delle Falkland (come nell’elegiaca Shipbuilding di 30 anni fa), ma concentrandosi sul dramma umano di un ragazza che perde il padre. “L’esempio della gente rapita in aeroplano nel nostro nome, senza sapere se fossero colpevoli, è tristemente attuale. Una volta pensavamo che queste cose le facessero “i cattivi”, ora i cattivi siamo noi”.
Alla Royal Albert Hall ha cantato con rinnovata enfasi Tramp the Dirt Down, del 1989, in cui si augurava di vivere abbastanza per buttare terra sulla tomba della Thatcher. “Qualcuno si è offeso, ma non l’ho mica uccisa io. E poi non augurerei al peggior nemico la miseria della demenza: mio padre è morto con la stressa malattia”.
Remainder of article to follow
|