Mucchio Selvaggio, March 1979: Difference between revisions

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Giunto ormai al terzo album, autore in due anni di una progressione musicale veramente sorprendente, Elvis Costello si costituisce ne! 1979 come un punto di riferimento obbligato per chiunque intenda riferirsi, oggi più che mai, ad una terza età del rock'n'roll, un genere che non muore e non potrà mai morire finché ragazzi come lui sceglieranno una chitarra ed una voce per imprimere nella storia i disagi ed i problemi di una generazione. Da dove esce un personaggio come Costello, qual è l'atmosfera che lo circonda agli esordi? Vediamo di fare un piccolo passo indietro. Siamo in pieno 1977. impazza la bufera punk, case discografiche grandi e piccole si danno un gran daffare per cercare di catturare veri talenti, spesso difficilmente individuabili nell'informe magmatico movimento musicale che accomuna ragazzi, ragazzini, musicisti validi, mistificatori e piccoli geni incompresi. E' veramente difficile capire qualche cosa in questa infernale baraonda, del resto le parole d'ordine che vengono dalle strade non parlano che di oltraggio, violenza, provocazione. Il business è preso alla sprovvista, si fanno esperimenti, si concedono forse troppo benevolmente contratti discografici a gruppi dall'incerto avvenire, ma in fondo è giusto tutti in questo momento devono avere la possibilità di scrivere la propria pagina da tramandare alla storia. anche se i posteri dimostreranno poi inequivocabilmente che molti scompariranno ai primi inevitabili accenni di crisi di ispirazione. In questo clima (che ho tra l'altro vissuto in prima persona a Londra) , che potremmo anche definire di nuova generazione, di ribaltamento totale delle regole del business. le piccole etichette hanno una formidabile occasione per uscire allo scoperto: con l'aiuto di tre o quattro talenti particolarmente interessanti possono lanciarsi sul mercato, ora mobile come mai era accaduto prima, e sfruttando il grande interesse crescente per queste nuove forme musicali hanno l'enorme possibilità di cercare di rivaleggiare con i grossi colossi discografici che ormai da molti anni hanno stretto le classifiche di vendita in un'unica morsa d'acciaio.


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E' il momento della Stiff (di Jake Riviera, di Nick Lowe, tanto per citare due personaggi, ciascuno con interessi e mansioni diverse) , indiscutibilmente la prima etichetta a dare spazio ai coraggiosi tentativi degli Adverts e dei Damned, due tra le bands punk ad aver ottenuto per prime un contratto discografico. L'entusiasmo e la ricerca del nuovo, unitamente ad un sano ritorno ad un rock'n'roll più essenziale e graffiante, tengono in piedi il progetto della Stiff che si avvale oltretutto di un fiuto musicale davvero sorprendente. I due artisti forse maggiormente rappresentativi di questi ultimi anni sono infatti scoperti proprio dalla piccola casa discografica londinese: il primo si chiama lan Dury, mentre il secondo è proprio lui, il futuro del rock'n'roll, l'ultimo in ordine di tempo nel magico elenco dei Lennon e dei Bruce Springsteen: Elvis Costello.
 
Devo dire che la figura minuta e timida del buon Elvis non sembra inizialmente provocare isterismi o immediate entusiastiche rispondenze; forse il clima è ancora troppo arroventato per cercare di scavare più in profondità nelle reali capacità di ogni singolo artista; in fondo è sempre la violenza e l'eccitazione live che sembra interessare maggiormente. Del resto non dimentichiamoci che il punk è nato come un movimento della strada ed ha avuto nelle esibizioni dal vivo il punto perennemente culminante del rito e del delirio collettivo che sublimava le frustrazioni e le paure dei nuovi musicisti-distruttori urbani. Elvis Costello quindi, con quell'aria sparuta ed insicura, non era certamene un modello o una figura alla quale le giovani generazioni emergenti potessero legittimamente ispirarsi.
 
Il suo esordio discografico, tuttavia, lascia intravedere delle potenzialità veramente notevoli, anche perché il clima che si respira in tutta la sua impostazione musicale, nonché visuale e scenica, si ispira fortemente agli anni '50 e '60, un motivo quest'ultimo che la bomba punk tende a riprendere, (prima inconsciamente o poi consciamente) , nella forma di molti artisti ormai caduti nel dimenticatoio che riacquistano forza e consapevolezza sull'onda delle nuove energie giovanili. Elvis Costello si ritaglia un proprio spazio musicale ed una fetta non indifferente di estimatori che già cominciano a dimostrarsi un pochino stanchi di tutto il baccano che le punk bands portano incessantemente avanti da un capo all'altro dell'Inghilterra.
 
« Less than zero » è tutto sommato una bella canzone, ed evidenzia abbastanza bene i caratteri distintivi della musicalità di Costello, raffinata eppure cruda e reale, misurata e pervasa dalla giusta elettricità, ma soprattutto originale ed innovativa rispetto alla tradizione che sembra fin d'ora deteterminarlo: quella dei grandi songwriters urbani di rock and roll, una dinastia che va da Buddy Holly a Dylan, da Elvis Presley aJohn Lennon. Non si può certamente collocare Costello accanto a gente così famosa, o almeno pare ancora troppo presto, ma non bisogna attendere molto per dispensare i primi giudizi positivi, sta per arrivare, infatti, la più bella dimostrazione che il suo talento è veramente tangibile e pieno di geniali proposte: si tratta del primo album intitolato « My aim is true ».
 
Nel frattempo molta pubblicità si fa intorno a lui; il Melody Maker gli dedica copertine su copertine, e come se ciò non bastasse arriva (disgraziatamente) all'improvviso l'occasione promozionale forse più grossa che potesse mai aspettarsi di ricevere. La morte di Elvis Presley. Il 1977 è passato alla storia infatti non solo per l'avvento del punk, ma anche per un più funesto accadimento, la scomparsa dalle scene del re del rock and roll, che ha lasciato oltre ad un grande vuoto anche una pesantissima eredità musicale da rilevare. In ogni caso (appare infatti impensato oggi dire che Costello può legittimamente candidarsi alla successione dell'ex re del rock) la pubblicità che ne deriva è per il nostro occhialuto eroe come un gigantesco riflettore che lo inquadra forse anche un po' troppo impietosamente, mettendolo nella condizione di non sbagliare una mossa (La stampa inglese è terribile...!). Ma Elvis non delude, il suo album « My aim is true » è la legittimazione più onesta che 'il suo scopo è vero', tanto per parafrasare il titolo del L.P. Le musiche del lavoro hanno una freschezza fifties che avrebbe fatto impazzire persino Buddy Holly, una linearità che è il frutto più maturo di tutta la new wave, una grinta ed una carica emotiva come difficilmente è dato ascoltare di questi tempi, dove sembra predominare viceversa la violenza e l'oltraggio chitarristico troppe volte fine a sé stesso. E' certamente uno dei long playing più belli di tutto il 1977, confortato oltretutto da un notevole successo commerciale in America, una terra piuttosto ostica per le nuove leve inglesi. Ma gli americani ('the colonials' come vengono chiamati con una punta di disprezzo in Inghilterra) sono conquistati dalla tenerezza di 'Alison' (ripresa nientemento che da Linda Ronstandt) o dall'aggressività di « Welcome to working week » e riserveranno a Costello trionfali accoglienze e parecchi sold out per il suo primo tour su vasta scala. Continuando a parlare dell'album non possiamo non rilevare la velocità di « Mystery dance », un vero e proprio inno al ballo, al rock and roll di nuovo presente in tutta la sua essenziale potenza, non scialacquato o ridotto al parossismo dagli assolo e dalle buffonate delle stars del rock duro. Un brano assolutamente gustoso, pregevole, anche se ancora ingenuo ed impregnato di anni 50 in forma un po' troppo copiosa. « not angry » è una meravigliosa canzone rock che deve qualcosa all'Alice Cooper di « I'm eighteen », quello non ancora pagliaccesco e compromesso da un kitch ormai completamente impadronitosi della sua mente. Una curiosità: nel disco compaiono i Clover come gruppo accompagnatore per le squisite armonie di base scritte dal buon Elvis, che si avvvia così a diventare una star di prima grandezza, in grado di coprire i grandi spazi che si aprono vorticosamente per i nuovi artisti che dalla new wave stanno partendo per rifare exnovo tutto il rock'n'roll. Un progetto ambizioso ma legittimo, vi assicuro, e chi ancora non conosce Elvis Costello non è assolutamente in grado di capire quanto sia reale il rock'n'roll nel 1979 e quanto soprattutto abbia da dire a tutti noi che lo abbiamo scelto come il tipo di musica più immediato e geniale per rappresentare, come nessun movimento politico o non politico ha mai saputo fare dal dopoguerra ad oggi, le ansie e le frustrazioni di almeno tre generazioni. La miccia è stata dunque innescata, Elvis Costello ha saputo superare gli impacci degli inizi ed è riuscito a qualificarsi per quello che realmente è un songwriter eccellente e sensibilissimo ai cambiamenti musicali. La sua potenzialità è stata finalmente liberata e, dopo alcune brevi ricerche, viene trovato anche un gruppo accompagnatore stabile, un insieme di collaudati musicisti rock (provenienze: Quiver, Chili; Willi) , che molta parte avrà poi negli arrangiamenti e nella svolta parziale caratterizzata dai suoi dischi successivi. E parliamo allora di « This year's mode! », uscito nel gennaio del '78 e chiamato a testimoniare in modo più solido della reale statura del personaggio.
 
E' cambiata nel frattempo la casa discografica, non più la Stiff (che sta scoprendo intanto nuovi personaggi come Mickey Jupp e Wreckless Eric) , bensì la Radar, alla quale Costello aderisce prontamente seguito a ruota dal suo amico Nick Lowe. La cover di « This year's model » si costituisce tra l'altro come l'inizio per un discorso visivo e di moda assolutamente geniale ed innovativo nello immenso campo della creatività rock. Lavorando nel mondo della grafica posso dirvi che le immagini che scaturiscono dal Ip. di Costello sono veramente intelligenti e stimolanti: il look è quello di un personaggio a metà strada tra i sofisticati anni '60 e un'immagine tecnologica lineare, moderna e dinamica. Ma passiamo al disco: c'è subito una grande apertura con « No action », un brano che è impregnato di sixties sino alle radici, così come tutta la facciata che ci regala verso la fine un hit che avrebbe sedotto i Blues Magoos di « Electric comic book »: pezzo si chiama « You belong to me » ed è un beat ritmatissimo condotto da un organo esile ma penetrante nelle migliori tradizioni delle 'Farfisa bands' dei mid-sixties. E' un tocco di classe in più, intendiamoci; il paragone infatti termina più o meno qui; la seconda side si compone di ampie ballate elettriche sempre sulla falsariga di un rock '50-'60 abilmente modellato dalla creatività di Elvis e dalla sua voce mobile e singhiozzante, certamente imparentata con altre più 'Illustri del passato. « Lipstick vogue » è un tentativo abbastanza riuscito per proporre qualche cosa di diverso, un ritmo mozzafiato intrecciato dal metallo leggero delle chitarre e da quell'organo insinuante ed acido che è divenuto ormai un marchio inconfondibile nella musica di Costello a partire da questo secondo lavoro. Altre splendide gemme: « Hand in hand » sulla scia di « No action » e « Night rally », ricca di atmosfere sospese ed inquietanti che si risolvono in pregevoli momenti di intreccio tra la voce ed un arrangiarnento veramente geniale e moderno.
 
« This year's model » verrà poi eletto album dell'anno per il 1978 dal Melody Maker, mentre la fama di Elvis comincia da quel momento vertiginosamente a salire.
 
II resto del 1978 non fa segnare avvenimenti di particolare rilievo, solamente alcuni concerti dati in occasione di Rock against the racism, l'organizzazione anti razzista che si propone di combattere alcuni nuovi rigurgiti reazionari che sembrano prendere piede in certe zone di Londra. Inutile precisare la bontà delle esibizioni live date da Costello, delle quali possiamo avere del resto un ottimo assaggio nell'e.p. che viene distruibuito in omaggio con il suo nuovo disco «Armed forces » uscito da pochissimo sul mercato internazionale. Se Elvis Costello ci sembrava sostanzialmente un ottimo compositore e cantante, ora abbiamo anche la dimostrazione di quanto gli Attractions (il suo gruppo accompagnatore) siamo preparati musicalmente, nella lunga, inquietante versione di « Watching the detective » (una delle due facciate dell'e.p.), ricomposta e dilatata in una nuova interpretazione piena di suggestioni sonore misteriose e leggere. Siamo dunque arrivati ad « Armed forces », appena uscito e subito accolto con grande soddisfazione dai critici inglesi. Innanzitutto un cenno alla copertina: è stata concepita e disegnata con uno stile che spazia dall'Action painting di Jackson Pollock, risolto in mille possibili variazioni, ad una grafica invece pulitissima e concettuale, con colori che vengono solamente etichettati, ma non raffigurati, in cartellini gialli disposti in fila all'interno del disco. C'è poi un'orgia totale di altri colori, di linee, di schemi ritmici che invadono tutta la cover, dietro al quale si nasconde, probabilmente, uno studio cromatico e geometrico veramente notevole. Il disco riflette forse il caos così abilmente manipolato della copertina? Assolutamente no. E' di una pulizia, di un ordine formale che lascia veramente stupiti. Tutti i pezzi sono saldati rispetto ai due lavori precedenti in una totalità che ha più potenza ed anche più varietà, con arrangiamenti che sono il non plus ultra della raffinatezza e dell'intellettualità. Il discorso di fondo è ancora, chiaramente, la musica di origine '50-'60 con riferimenti meno evidenti però a questo o a quell'artista, perché l'impressione che si ha è proprio quella di un Elvis Costello completamente autonomo, padrone di sé, solo leggerissimamente influenzato dall'aria di revival che pur aveva così intelligentemente qualificato i suoi precedenti lavori. Prendiamo ad esempio 'Oliver's army': è un pezzo di chiara matrice '50, ma se andiamo ad ascoltare più attentamente tra le pieghe del suo arrangiamento potremo rinvenire qualcosa dei Beatles di « We can work it out », oppure un organo che sembra uscito da un film di Antonioni ambientato in un atelier di moda anni '50, così raffinato, sofisticato, discreto.
 
« Accident will happen » è uno dei pezzi che amo maggiormente: è dotato di un'armonia vocale veramente unica, una sintesi perfetta tra passato e presente impostata da Costello con partecipazione emotiva sempre intensa ed avvolgente. E che dire di « Moods for moderns » sostenuta da un ritmo funky levigatissimo e sfavillante di un'originalità che da nessuno in quindici anni di rock ho mai sentito proporre. Tutto è perfetta sintesi in « Armed forces », e ben difficilmente, penso, Elvis potrà superare le vette raggiunte tra i solchi di quest'album, a meno chiaramente di spostare completamente il baricentro fondamentale di questa musica, che rimane tutto sommato sempre ed essenzialmente imparentata con la tradizione del rock'n'roll e delle ballads Che hanno fatto la fortuna di Buddy Holly, dei Beatles e di BrucJ Springsteen. Ascoltate « Chemistry class » o « Busy bodies » per rendervi conto della perfezione che ha raggiunto il rock'n'roll oggi, modernizzato, riagganciato, rivitalizzato completamente da questo nuovo genio uscito timidamente due anni fa ed ora leader indiscusso di tutto il nuovo rock, ne vale assolutamente la pena. Bene, il mio discorso su Elvis Costello può anche concludersi qui; vi segnalo ancora « Sunday's best », una simpatica marcetta dal vago sapore paesano, e a Two little Hitiers » ritmica e scarna con ampie suggestioni sixties, prima di congedarmi definitivamente. Penso che a questo punto i motivi per accostarvi ad Elvis Costello non vi mancheranno siquramente; se cercate ancora attimi di distensione, ma non di commercialità, se volete riscoprire la genuina carica del primo rock'n'roll, ma nello stesso tempo non volete il solito prodotto revival fine a sé stesso tranquillizzatevi, avete trovato il vostro uomo.  


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Mucchio Selvaggio

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Elvis Costello


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   Claudio Sorge

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Giunto ormai al terzo album, autore in due anni di una progressione musicale veramente sorprendente, Elvis Costello si costituisce ne! 1979 come un punto di riferimento obbligato per chiunque intenda riferirsi, oggi più che mai, ad una terza età del rock'n'roll, un genere che non muore e non potrà mai morire finché ragazzi come lui sceglieranno una chitarra ed una voce per imprimere nella storia i disagi ed i problemi di una generazione. Da dove esce un personaggio come Costello, qual è l'atmosfera che lo circonda agli esordi? Vediamo di fare un piccolo passo indietro. Siamo in pieno 1977. impazza la bufera punk, case discografiche grandi e piccole si danno un gran daffare per cercare di catturare veri talenti, spesso difficilmente individuabili nell'informe magmatico movimento musicale che accomuna ragazzi, ragazzini, musicisti validi, mistificatori e piccoli geni incompresi. E' veramente difficile capire qualche cosa in questa infernale baraonda, del resto le parole d'ordine che vengono dalle strade non parlano che di oltraggio, violenza, provocazione. Il business è preso alla sprovvista, si fanno esperimenti, si concedono forse troppo benevolmente contratti discografici a gruppi dall'incerto avvenire, ma in fondo è giusto tutti in questo momento devono avere la possibilità di scrivere la propria pagina da tramandare alla storia. anche se i posteri dimostreranno poi inequivocabilmente che molti scompariranno ai primi inevitabili accenni di crisi di ispirazione. In questo clima (che ho tra l'altro vissuto in prima persona a Londra) , che potremmo anche definire di nuova generazione, di ribaltamento totale delle regole del business. le piccole etichette hanno una formidabile occasione per uscire allo scoperto: con l'aiuto di tre o quattro talenti particolarmente interessanti possono lanciarsi sul mercato, ora mobile come mai era accaduto prima, e sfruttando il grande interesse crescente per queste nuove forme musicali hanno l'enorme possibilità di cercare di rivaleggiare con i grossi colossi discografici che ormai da molti anni hanno stretto le classifiche di vendita in un'unica morsa d'acciaio.

E' il momento della Stiff (di Jake Riviera, di Nick Lowe, tanto per citare due personaggi, ciascuno con interessi e mansioni diverse) , indiscutibilmente la prima etichetta a dare spazio ai coraggiosi tentativi degli Adverts e dei Damned, due tra le bands punk ad aver ottenuto per prime un contratto discografico. L'entusiasmo e la ricerca del nuovo, unitamente ad un sano ritorno ad un rock'n'roll più essenziale e graffiante, tengono in piedi il progetto della Stiff che si avvale oltretutto di un fiuto musicale davvero sorprendente. I due artisti forse maggiormente rappresentativi di questi ultimi anni sono infatti scoperti proprio dalla piccola casa discografica londinese: il primo si chiama lan Dury, mentre il secondo è proprio lui, il futuro del rock'n'roll, l'ultimo in ordine di tempo nel magico elenco dei Lennon e dei Bruce Springsteen: Elvis Costello.

Devo dire che la figura minuta e timida del buon Elvis non sembra inizialmente provocare isterismi o immediate entusiastiche rispondenze; forse il clima è ancora troppo arroventato per cercare di scavare più in profondità nelle reali capacità di ogni singolo artista; in fondo è sempre la violenza e l'eccitazione live che sembra interessare maggiormente. Del resto non dimentichiamoci che il punk è nato come un movimento della strada ed ha avuto nelle esibizioni dal vivo il punto perennemente culminante del rito e del delirio collettivo che sublimava le frustrazioni e le paure dei nuovi musicisti-distruttori urbani. Elvis Costello quindi, con quell'aria sparuta ed insicura, non era certamene un modello o una figura alla quale le giovani generazioni emergenti potessero legittimamente ispirarsi.

Il suo esordio discografico, tuttavia, lascia intravedere delle potenzialità veramente notevoli, anche perché il clima che si respira in tutta la sua impostazione musicale, nonché visuale e scenica, si ispira fortemente agli anni '50 e '60, un motivo quest'ultimo che la bomba punk tende a riprendere, (prima inconsciamente o poi consciamente) , nella forma di molti artisti ormai caduti nel dimenticatoio che riacquistano forza e consapevolezza sull'onda delle nuove energie giovanili. Elvis Costello si ritaglia un proprio spazio musicale ed una fetta non indifferente di estimatori che già cominciano a dimostrarsi un pochino stanchi di tutto il baccano che le punk bands portano incessantemente avanti da un capo all'altro dell'Inghilterra.

« Less than zero » è tutto sommato una bella canzone, ed evidenzia abbastanza bene i caratteri distintivi della musicalità di Costello, raffinata eppure cruda e reale, misurata e pervasa dalla giusta elettricità, ma soprattutto originale ed innovativa rispetto alla tradizione che sembra fin d'ora deteterminarlo: quella dei grandi songwriters urbani di rock and roll, una dinastia che va da Buddy Holly a Dylan, da Elvis Presley aJohn Lennon. Non si può certamente collocare Costello accanto a gente così famosa, o almeno pare ancora troppo presto, ma non bisogna attendere molto per dispensare i primi giudizi positivi, sta per arrivare, infatti, la più bella dimostrazione che il suo talento è veramente tangibile e pieno di geniali proposte: si tratta del primo album intitolato « My aim is true ».

Nel frattempo molta pubblicità si fa intorno a lui; il Melody Maker gli dedica copertine su copertine, e come se ciò non bastasse arriva (disgraziatamente) all'improvviso l'occasione promozionale forse più grossa che potesse mai aspettarsi di ricevere. La morte di Elvis Presley. Il 1977 è passato alla storia infatti non solo per l'avvento del punk, ma anche per un più funesto accadimento, la scomparsa dalle scene del re del rock and roll, che ha lasciato oltre ad un grande vuoto anche una pesantissima eredità musicale da rilevare. In ogni caso (appare infatti impensato oggi dire che Costello può legittimamente candidarsi alla successione dell'ex re del rock) la pubblicità che ne deriva è per il nostro occhialuto eroe come un gigantesco riflettore che lo inquadra forse anche un po' troppo impietosamente, mettendolo nella condizione di non sbagliare una mossa (La stampa inglese è terribile...!). Ma Elvis non delude, il suo album « My aim is true » è la legittimazione più onesta che 'il suo scopo è vero', tanto per parafrasare il titolo del L.P. Le musiche del lavoro hanno una freschezza fifties che avrebbe fatto impazzire persino Buddy Holly, una linearità che è il frutto più maturo di tutta la new wave, una grinta ed una carica emotiva come difficilmente è dato ascoltare di questi tempi, dove sembra predominare viceversa la violenza e l'oltraggio chitarristico troppe volte fine a sé stesso. E' certamente uno dei long playing più belli di tutto il 1977, confortato oltretutto da un notevole successo commerciale in America, una terra piuttosto ostica per le nuove leve inglesi. Ma gli americani ('the colonials' come vengono chiamati con una punta di disprezzo in Inghilterra) sono conquistati dalla tenerezza di 'Alison' (ripresa nientemento che da Linda Ronstandt) o dall'aggressività di « Welcome to working week » e riserveranno a Costello trionfali accoglienze e parecchi sold out per il suo primo tour su vasta scala. Continuando a parlare dell'album non possiamo non rilevare la velocità di « Mystery dance », un vero e proprio inno al ballo, al rock and roll di nuovo presente in tutta la sua essenziale potenza, non scialacquato o ridotto al parossismo dagli assolo e dalle buffonate delle stars del rock duro. Un brano assolutamente gustoso, pregevole, anche se ancora ingenuo ed impregnato di anni 50 in forma un po' troppo copiosa. « not angry » è una meravigliosa canzone rock che deve qualcosa all'Alice Cooper di « I'm eighteen », quello non ancora pagliaccesco e compromesso da un kitch ormai completamente impadronitosi della sua mente. Una curiosità: nel disco compaiono i Clover come gruppo accompagnatore per le squisite armonie di base scritte dal buon Elvis, che si avvvia così a diventare una star di prima grandezza, in grado di coprire i grandi spazi che si aprono vorticosamente per i nuovi artisti che dalla new wave stanno partendo per rifare exnovo tutto il rock'n'roll. Un progetto ambizioso ma legittimo, vi assicuro, e chi ancora non conosce Elvis Costello non è assolutamente in grado di capire quanto sia reale il rock'n'roll nel 1979 e quanto soprattutto abbia da dire a tutti noi che lo abbiamo scelto come il tipo di musica più immediato e geniale per rappresentare, come nessun movimento politico o non politico ha mai saputo fare dal dopoguerra ad oggi, le ansie e le frustrazioni di almeno tre generazioni. La miccia è stata dunque innescata, Elvis Costello ha saputo superare gli impacci degli inizi ed è riuscito a qualificarsi per quello che realmente è un songwriter eccellente e sensibilissimo ai cambiamenti musicali. La sua potenzialità è stata finalmente liberata e, dopo alcune brevi ricerche, viene trovato anche un gruppo accompagnatore stabile, un insieme di collaudati musicisti rock (provenienze: Quiver, Chili; Willi) , che molta parte avrà poi negli arrangiamenti e nella svolta parziale caratterizzata dai suoi dischi successivi. E parliamo allora di « This year's mode! », uscito nel gennaio del '78 e chiamato a testimoniare in modo più solido della reale statura del personaggio.

E' cambiata nel frattempo la casa discografica, non più la Stiff (che sta scoprendo intanto nuovi personaggi come Mickey Jupp e Wreckless Eric) , bensì la Radar, alla quale Costello aderisce prontamente seguito a ruota dal suo amico Nick Lowe. La cover di « This year's model » si costituisce tra l'altro come l'inizio per un discorso visivo e di moda assolutamente geniale ed innovativo nello immenso campo della creatività rock. Lavorando nel mondo della grafica posso dirvi che le immagini che scaturiscono dal Ip. di Costello sono veramente intelligenti e stimolanti: il look è quello di un personaggio a metà strada tra i sofisticati anni '60 e un'immagine tecnologica lineare, moderna e dinamica. Ma passiamo al disco: c'è subito una grande apertura con « No action », un brano che è impregnato di sixties sino alle radici, così come tutta la facciata che ci regala verso la fine un hit che avrebbe sedotto i Blues Magoos di « Electric comic book »: pezzo si chiama « You belong to me » ed è un beat ritmatissimo condotto da un organo esile ma penetrante nelle migliori tradizioni delle 'Farfisa bands' dei mid-sixties. E' un tocco di classe in più, intendiamoci; il paragone infatti termina più o meno qui; la seconda side si compone di ampie ballate elettriche sempre sulla falsariga di un rock '50-'60 abilmente modellato dalla creatività di Elvis e dalla sua voce mobile e singhiozzante, certamente imparentata con altre più 'Illustri del passato. « Lipstick vogue » è un tentativo abbastanza riuscito per proporre qualche cosa di diverso, un ritmo mozzafiato intrecciato dal metallo leggero delle chitarre e da quell'organo insinuante ed acido che è divenuto ormai un marchio inconfondibile nella musica di Costello a partire da questo secondo lavoro. Altre splendide gemme: « Hand in hand » sulla scia di « No action » e « Night rally », ricca di atmosfere sospese ed inquietanti che si risolvono in pregevoli momenti di intreccio tra la voce ed un arrangiarnento veramente geniale e moderno.

« This year's model » verrà poi eletto album dell'anno per il 1978 dal Melody Maker, mentre la fama di Elvis comincia da quel momento vertiginosamente a salire.

II resto del 1978 non fa segnare avvenimenti di particolare rilievo, solamente alcuni concerti dati in occasione di Rock against the racism, l'organizzazione anti razzista che si propone di combattere alcuni nuovi rigurgiti reazionari che sembrano prendere piede in certe zone di Londra. Inutile precisare la bontà delle esibizioni live date da Costello, delle quali possiamo avere del resto un ottimo assaggio nell'e.p. che viene distruibuito in omaggio con il suo nuovo disco «Armed forces » uscito da pochissimo sul mercato internazionale. Se Elvis Costello ci sembrava sostanzialmente un ottimo compositore e cantante, ora abbiamo anche la dimostrazione di quanto gli Attractions (il suo gruppo accompagnatore) siamo preparati musicalmente, nella lunga, inquietante versione di « Watching the detective » (una delle due facciate dell'e.p.), ricomposta e dilatata in una nuova interpretazione piena di suggestioni sonore misteriose e leggere. Siamo dunque arrivati ad « Armed forces », appena uscito e subito accolto con grande soddisfazione dai critici inglesi. Innanzitutto un cenno alla copertina: è stata concepita e disegnata con uno stile che spazia dall'Action painting di Jackson Pollock, risolto in mille possibili variazioni, ad una grafica invece pulitissima e concettuale, con colori che vengono solamente etichettati, ma non raffigurati, in cartellini gialli disposti in fila all'interno del disco. C'è poi un'orgia totale di altri colori, di linee, di schemi ritmici che invadono tutta la cover, dietro al quale si nasconde, probabilmente, uno studio cromatico e geometrico veramente notevole. Il disco riflette forse il caos così abilmente manipolato della copertina? Assolutamente no. E' di una pulizia, di un ordine formale che lascia veramente stupiti. Tutti i pezzi sono saldati rispetto ai due lavori precedenti in una totalità che ha più potenza ed anche più varietà, con arrangiamenti che sono il non plus ultra della raffinatezza e dell'intellettualità. Il discorso di fondo è ancora, chiaramente, la musica di origine '50-'60 con riferimenti meno evidenti però a questo o a quell'artista, perché l'impressione che si ha è proprio quella di un Elvis Costello completamente autonomo, padrone di sé, solo leggerissimamente influenzato dall'aria di revival che pur aveva così intelligentemente qualificato i suoi precedenti lavori. Prendiamo ad esempio 'Oliver's army': è un pezzo di chiara matrice '50, ma se andiamo ad ascoltare più attentamente tra le pieghe del suo arrangiamento potremo rinvenire qualcosa dei Beatles di « We can work it out », oppure un organo che sembra uscito da un film di Antonioni ambientato in un atelier di moda anni '50, così raffinato, sofisticato, discreto.

« Accident will happen » è uno dei pezzi che amo maggiormente: è dotato di un'armonia vocale veramente unica, una sintesi perfetta tra passato e presente impostata da Costello con partecipazione emotiva sempre intensa ed avvolgente. E che dire di « Moods for moderns » sostenuta da un ritmo funky levigatissimo e sfavillante di un'originalità che da nessuno in quindici anni di rock ho mai sentito proporre. Tutto è perfetta sintesi in « Armed forces », e ben difficilmente, penso, Elvis potrà superare le vette raggiunte tra i solchi di quest'album, a meno chiaramente di spostare completamente il baricentro fondamentale di questa musica, che rimane tutto sommato sempre ed essenzialmente imparentata con la tradizione del rock'n'roll e delle ballads Che hanno fatto la fortuna di Buddy Holly, dei Beatles e di BrucJ Springsteen. Ascoltate « Chemistry class » o « Busy bodies » per rendervi conto della perfezione che ha raggiunto il rock'n'roll oggi, modernizzato, riagganciato, rivitalizzato completamente da questo nuovo genio uscito timidamente due anni fa ed ora leader indiscusso di tutto il nuovo rock, ne vale assolutamente la pena. Bene, il mio discorso su Elvis Costello può anche concludersi qui; vi segnalo ancora « Sunday's best », una simpatica marcetta dal vago sapore paesano, e a Two little Hitiers » ritmica e scarna con ampie suggestioni sixties, prima di congedarmi definitivamente. Penso che a questo punto i motivi per accostarvi ad Elvis Costello non vi mancheranno siquramente; se cercate ancora attimi di distensione, ma non di commercialità, se volete riscoprire la genuina carica del primo rock'n'roll, ma nello stesso tempo non volete il solito prodotto revival fine a sé stesso tranquillizzatevi, avete trovato il vostro uomo.

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Il Mucchio Selvaggio, No. 17, March 1979


Claudio Sorge profiles Elvis Costello.

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