Il Popolo del Blues, June 2008

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Il Popolo del Blues

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Elvis Costello - Momofuku

(Universal)

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   Ernesto de Pascale

Momofuku, il nuovo album di Elvis Costello & the Imposters è un diario di bordo degli ultimi mesi di un artista che ci ha abituato in tempi non sospetti che fra l’atto creativo e l’offerta non devono trascorrere periodi troppo lunghi di pianificazione.

Momofuku, dedicato allo scomparso inventore dei Chinese Noodles, è infatti un disco da consumare velocemente (come i Noodles di MomoFuku Ando, per l’appunto) così come velocemente è stato concepito e realizzato - solo otto giorni per far tutto - che fa leva su l’ antica attitudine in the face dei primi Attractions. A dirla tutta e per spiegare ancora meglio, solo nella prima settimana di Gennaio di quest’anno, Costello non aveva pianificato ancora niente di ciò che voleva fare se non il titolo e la pubblicazione. Elvis era, come sempre è, circondato da mille nuove canzoni ma l’unica di cui era assolutamente certo era solo American Gangster Time - una canzone rauca e abrasiva che pare uscita dai primi album del nostro tanto è ruvida e tanto Steve Nieve è autocitazionista dietro il suo vox continental! - ma per il resto, buio totale. Pete Thomas, batterista sin dai tempi degli Attractions e compagno di merende di Elvis, si attendeva però una telefonata dell’artista amico da lì a poco e per rendere più divertenti le future sedute aveva messo sul chi va là la giovanissima figlia Tennesse, batterista del trio power pop The Like, invitandola a partecipare anche lei alle sedute. Thomas, compagno di lungo corso di Costello e fine conoscitore delle necessita del nostro, si era rivolto poi a David Hidalgo dei Los Lobos – band con cui ogni tanto l’inglese delle Midland si esibisce - per eventuali abbellimenti. In entrambi i casi, Pete ci aveva visto giusto: Elvis Costello voleva infatti realizzare un disco con cui riconquistare un'altra piccola parte dell’immediatezza di una volta – che con l’età tende ad essere sostituita da una più pacata saggezza - quasi a dimostrare che un buon disco di canzoni dirette e senza fronzoli si può ancora fare a 52 anni. Qualche altro paio di buone mani avrebbero quindi solo fatto comodo. Johnathan Rice venne assunto a tempo pieno per ulteriori ritocchi chitarristi.

Momofuku rappresenta la caoticità organizzata della vita attuale di Elvis Costello. Elvis, con il guizzo del grande artista, acciuffa però al volo quello che potrebbe essere un limite per chiunque altro e lo fa suo. E’ il gioco dell’ imprevedibilità di Costello, giocatore con molto fiato, suo innato merito artistico che diventa metodo nello scrivere canzoni e che il musicista britannico considera bene, conscio delle molte variabili che come fantasmi lo accompagnano nel suo apparente caos. Costello è però uomo confidente, va detto, e Momofuku è dimostrazione di questa sua confidenza, una specialità che per il nostro è piazzata a metà strada fra l‘arte e il mestiere.

Ecco allora che ascoltando con attenzione Momofuku riscontrare che non mancano i colpi di classe e di genialità compositiva come la bellissima Flutter & Wow, country soul secondo i parametri del nostro!, un brano che non dimentica la lezione di Burt Bacharach e che pare uscito dal cappello magico tanto è naturale e primo take, la finale e ricca di groove Go Away, l‘accorata My Three Sons (Elvis ha avuto due gemelli dalla terza moglie Diana Krall solo 20 mesi fa e ha un figlio 33 enne…). Non solo: dietro il suono sporco e diretto di brani come No Hiding Place e Stella Hunt (dovrebbero aprire le rispettive facciate della versione su vinile del disco) e certi sperimentalismi di cui Steve Nieve è indiscusso promotore, si può intravedere un Costello diverso dal solito in Momofuku. Il cantautore britannico - che non dimentica le radici in brani come Mr.Feather che potrebbe essere uscita dal doppio bianco dei Beatles - ma naturalizzato americano da molti anni ormai, si interseca infatti sempre di più con la canzone moderna folk di quella terra. Reduce da una tournee lo scorso autunno come solitario opening act di Bob Dylan sulla costa Est, nonostante un tour del midwest con Emmilou Harris e Lucinda Williams e la presenza di Rosanne Cash, assieme alla quale firma la bella Song with Rose scritta un po’ prima delle registrazioni di questo album, la voce di Jenny Lewis di Rilo Kiley, la firma di Loretta Lynn assieme alla quale scrive la super sixties Pardon me, Madam, My Name is Eve, la attesa sbornia alternative country però non si materializza. Più esattamente si deve specificare che se essa si materializza in Momofuku si presenta alle nostre orecchie secondo i canoni a cui Costello ci ha abituato molto tempo fa e cioè la totale decostruzione di essa, merito da attribuire in pari misura agli Imposters, che interagiscono con originalità negli arrangiamenti di gruppo.

In definitiva Momofuku è la dimostrazione di qualcosa di più profondo: di come sia diverso l’idea di un album per un artista e per il pubblico e di quanto profondo questo divario debba restare ampio. Per Costello, Momofuku è infatti solo un passo del suo (lungo) percorso, solo un buon album di Elvis Costello. Ma anche King of America lo era, no ?, e Smile? Era forse un brutto disco? Insomma, analizzando la discografia e traducendo questa riflessione in un linguaggio che si abbini al mercato corrente, ciò che si vuol dire è che Momofuku è un ottimo album per la media attuale generale.

Il pubblico che si attenda però un altro disco come lo straordinario The Delivery Man, un album organicissimo nei contenuti e nella forma, sia avvertito che con Momofuku va incontro a una delusione. Una straordinaria delusione. Da suonare molte volte.


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Il Popolo del Blues, June 2008


Ernesto de Pascale reviews Momofuku.

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