Mucchio Selvaggio, January 1983: Difference between revisions
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P.S. Non ci sarebbe Costello senza il “nuovo rock” sarebbe un altro senza Costello. Magari più facile da tenere a mente, ma certo più povero. Irrimediabilmente più povero, vorrei dire, quasi quanto il “rock di strada” senza [[Bruce Springsteen|Springsteen]]. | P.S. Non ci sarebbe Costello senza il “nuovo rock” sarebbe un altro senza Costello. Magari più facile da tenere a mente, ma certo più povero. Irrimediabilmente più povero, vorrei dire, quasi quanto il “rock di strada” senza [[Bruce Springsteen|Springsteen]]. | ||
Tutto comincia nell’Inghilterra degli anni ’50, sprofondata fino al collo nei problemi di un difficile declino post-industriale e di una crisi economica strisciante ma implacabile; gli anni, per intenderci, dell’opaca speranza laburista. Qui, e precisamente nel sobborgo londinese di Twickenham, noto per la sua squadra di rogby e poco più, di un umido chiarore, secondo le regole della casa, Declan Patrick McManus, figlio di Ross McManus, immigrato cattolico dell’Ulster, figlio a sua volta di un musicista nord-irlandese emigrato in Usa dopo il fallimento della rivolta del ’16. Taccio il resto delle emigrazioni, umiliazioni familiari ecc., che sono patrimonio comune e troppo lungo a dirsi nei particolari delle genti irlandesi tutte. | |||
La madre del futuro Elvis Costello proveniva invece da una zona operaia (“blue-collar”) e multi-razziale di Liverpool e al figlio fece dono soprattutto, così dice la storia, di una solida coscienza democratica e di un certo fondo di tolleranza, nonché del suo cognome d’arte. A Liverpool Costello si trasferì alla fine delle scuole superiori, musicista “in pectore”, ansioso di trovare la sua strada ed avido di esperienze e conoscenze che gli aprissero le porte dorate del rockbiz. | |||
È cosa questa che il giovane Declan aveva chiara fin dagli inizi: fare belle canzoni e avere successo, nessuna delle due cose da sola, ma tutte e due insieme e nello stesso tempo, non importa a quale prezzo. Di questa solida e sicura conoscenza delle “regole del gioco” (“non si può dire fino in fondo ciò che si vuole se non si ha successo, ma è difficile avere successo se si dice fino in fondo ciò che si vuole”) il buon Elvis deve propio a suo padre gli elementi primi. Ross McManus è stato infatti per anni cantate e trombettista nell’orchestra di Joe Loss, l’equivalente inglese di Glenn Miller ed ha poi continuato come cantante solista, soprattutto nel giro dei pubs inglesi, con una attività basata prevalentemente sulla riproposizione di hits di ascendenza beatlesiana e psichedelica. | |||
A 16 anni, dunque, Costello è a Liverpool, ma non lascia Londra prima di avere conosciuto Mary, la sua futura moglie, figura da non sottovalutare per un tipo determinato e con la testa sulle spalle come lui. Gli altri grandi amori di questo periodo, destinati comunque a non perire nel temp, ed a pesare sulla sua evoluzioni e musicale, sono il jazz, la country music, qualche scampolo di musica nera, [[Dusty Springfield]] e [[Joni Mitchell]]. | |||
È a Liverpool , in ogni caso, che Costello apprende i primi rudimenti del mestiere, diventa musicista semiprofessionale )nel Paese dei Bonzi e degli Amintori, e cioè da noi, si dice, chissà perché, “semidilettante”) ed entra in contatto con un personaggio destinato a grossi sviluppi futuri, [[Nick Lowe]], allora nel gruppo di [[Brinsley Schwarz]]. A 19 anni, secondo un uso né comune, né troppo apprezzato per i canoni rockistici correnti, il ragazzo si sposa e passa a prolificare con insospettata sollecitudine. Mary e Matthew, il rampollo di pronta fabbricazione, entrano così a far parte di quel che sembra, nonostante le riddote proporzioni, un vero e proprio clan latino-irlandese. Sistemate le questioni familiari e chiarite le prospettive esistenziali, l’uomo è pronto a lanciare al mondo la sua sfida anche se per il momento accetta, pur di sopravvivere e sbarcare il lunario, di lavorare come “computer-man” alla Elizabeth Arden di Avon, la holding di cosmetica e quattrini che Costello ribattezzerà poi, con la rabbia dei ricordi mal digeriti, la “fabbrica delle vanità “. | |||
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