The Juliet Letters è una raccolta di ipotetiche lettere destinate a Giulietta Capuleti, l'eroina di una love story tanto contrastata da diventare l'archetipo base di tutte le vicende dalle tonalità tendenti al rosa. Le altre estremità di questo rapporto epistolare erano amanti delusi, affranti o semplicemente in difficoltà, che si rivolgevano alla nostra Juliet per chiedere udienza, consiglio, conforto.
Grazie ad un accademico veronese questa strana corripondenza emerge sui giornali locali e costituisce la fonte d'ispirazione iniziale per The Juliet Letters di Elvis Costello. Oltre ad essere estremamente romantica, l'idea è molto bella, la musica scelta per rappresentarla — un quartetto d'archi — quanto mai appropriata, e Costello non si limita a cantare le noie e le gioie del cuore. La poesia, perché di questo si tratta, di "The Letter Home," di "Dear Sweet Filthy World," e più di ogni altra, di quell'immaginario messaggio del Golfo ripreso in "I Thought I'd Write To Juliet" suonerebbe comunque bene con qualsiasi altro strumento, dal combo pop degli Attractions al piano di Robert Wyatt, dai fiati della Dirty Dozen Brass Band ai mandolini dei Pogues.
Quindi non c'è da stupirsi più di tanto se Elvis Costello sceglie il Brodsky Quartet (quattro tizi cresciuti con una rigida dieta di Schubert, Beethoven e Bela Bartok) per realizzare la musica di The Juliet Letters. Le canzoni, ecco il problema: e non perché rispecchino per struttura, forma e durata (tre minuti, come di regola) i canoni compositivi del pop sebbene suonate dagli archi, ma per via di quanto valgono. Diciamolo chiaramente: Elvis Costello è troppo bravo e ognuno di questi venti brani è potenzialmente uno schiaffo in faccia alla grossolanità di una grossa, immensa percentuale della musica moderna.
Come ci hanno dimostrato, in tempi nemmeno tanto remoti, Spike, King Of America e Punch The Clock. Con The Juliet Letters Costello sembra essersi stancato di sporcarsi le mani nel rock (o giù di li) preferendogli altri mezzi per sprecare la sua inielligenza. La scelta della musica classica risulta quindi parecchio ambigua: se fosse solo l'ennesima bizzarria del Costello show non staremmo a rovinarci i pomeriggi più del necessario.
In tutta la sua perfezione The Juliet Letters ci appare come un tentativo di farsi accettare e comprendere anche dalla cultura ufficiale dopo che tutti noi abbiamo sopportato i suoi umori e le sue follie.
Per ironia della sorte potrebbe anche fun• zionare visto che Elvis Costello è riuscito a confezionare la migliore sintesi tra archi e canzoni, musica classica e rock 'n' roll. A lui servirà. A noi molto meno.
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