Rolling Stone Italy, May 27, 2016: Difference between revisions
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Il terzo capitolo della poderosa autobiografia di Elvis Costello si intitola “Don’t Start Me Talking”, dal primo verso del celebre brano di Costello & The Attractions, Oliver’s Army, pubblicato nel 1979. “Non fatemi iniziare a parlare” è una frase che costantemente riecheggia nelle orecchie del lettore, durante le 864 pagine di questo tomo firmato dal cantautore inglese, nato a Londra nel 1954 sotto il nome di Declan Patrick MacManus. Qualcuno deve averlo fatto iniziare, questo è sicuro: peccato che poi non si sia trovato un editor con il polso necessario per fermarlo, o quantomeno arginarlo un po’. Alle prese a sua volta con la propria storia, Morrissey e il suo ego erano riusciti a fermarsi a sole 480 pagine (in seguito, però, Moz ha potuto togliersi lo sfizio residuo con un romanzetto assurdo e quasi illeggibile, List of the Lost, ma è un altro discorso). | Il terzo capitolo della poderosa autobiografia di Elvis Costello si intitola “Don’t Start Me Talking”, dal primo verso del celebre brano di Costello & The Attractions, Oliver’s Army, pubblicato nel 1979. “Non fatemi iniziare a parlare” è una frase che costantemente riecheggia nelle orecchie del lettore, durante le 864 pagine di questo tomo firmato dal cantautore inglese, nato a Londra nel 1954 sotto il nome di Declan Patrick MacManus. Qualcuno deve averlo fatto iniziare, questo è sicuro: peccato che poi non si sia trovato un editor con il polso necessario per fermarlo, o quantomeno arginarlo un po’. Alle prese a sua volta con la propria storia, Morrissey e il suo ego erano riusciti a fermarsi a sole 480 pagine (in seguito, però, Moz ha potuto togliersi lo sfizio residuo con un romanzetto assurdo e quasi illeggibile, ''List of the Lost'', ma è un altro discorso). | ||
Uno potrebbe sentirsi giustificato nel sospettare che un autore letterato come Costello si sia ispirato alla saga di romanzi autobiografici del norvegese Karl Ove Knausgård, Min kamp (La mia battaglia), 3600 pagine divise in sei volumi – in Italia sono apparsi i primi tre, pubblicati da Feltrinelli. Non tanto per il flusso abbondantissimo costituito dalle sue parole, ma per la pretesa di Costello di saltabeccare di ricordo in ricordo, abbandonandosi a lunghe digressioni che, nell’economia del racconto, non sempre sembrano essenziali. Ma dove Knausgård è al suo meglio, ovvero nell’apparente semplicità con cui conduce il lettore attraverso deviazioni dal discorso principale che durano anche 200 pagine, Costello fatica, spesso, a tenere vivo l’interesse dei suoi interlocutori. Quelli non realmente motivati, perlomeno. Ma se fan appassionati e un po’ precisetti esistono, sono proprio quelli di Elvis Costello, quindi sulla legittimità di un libro del genere nessuno ha dubbi. Il problema sono tutti gli altri lettori. | Uno potrebbe sentirsi giustificato nel sospettare che un autore letterato come Costello si sia ispirato alla saga di romanzi autobiografici del norvegese Karl Ove Knausgård, ''Min kamp'' (La mia battaglia), 3600 pagine divise in sei volumi – in Italia sono apparsi i primi tre, pubblicati da Feltrinelli. Non tanto per il flusso abbondantissimo costituito dalle sue parole, ma per la pretesa di Costello di saltabeccare di ricordo in ricordo, abbandonandosi a lunghe digressioni che, nell’economia del racconto, non sempre sembrano essenziali. Ma dove Knausgård è al suo meglio, ovvero nell’apparente semplicità con cui conduce il lettore attraverso deviazioni dal discorso principale che durano anche 200 pagine, Costello fatica, spesso, a tenere vivo l’interesse dei suoi interlocutori. Quelli non realmente motivati, perlomeno. Ma se fan appassionati e un po’ precisetti esistono, sono proprio quelli di Elvis Costello, quindi sulla legittimità di un libro del genere nessuno ha dubbi. Il problema sono tutti gli altri lettori. | ||
È lo stesso Costello, del resto, a non avere alcun interesse ad andare per ordine: una progressione cronologica lineare qui non c’è. Prima del sesto capitolo, per esempio, il musicista non è ancora nemmeno nato: ma ha già avuto modo di raccontare questo episodio molto divertente, che testimonia come, nel 1978, la pratica dello stage diving fosse ancora piuttosto oscura: “[…] un sacco di gente aveva letto che Iggy Pop lo faceva, e voleva provare a imitarlo. Vidi anche Joe Strummer provarci al Lyceum Ballroom. In quel caso il pubblico si aprì come fosse il Mar Rosso, lasciando che il nostro eroe andasse a schiantarsi sul pavimento di cemento”. | È lo stesso Costello, del resto, a non avere alcun interesse ad andare per ordine: una progressione cronologica lineare qui non c’è. Prima del sesto capitolo, per esempio, il musicista non è ancora nemmeno nato: ma ha già avuto modo di raccontare questo episodio molto divertente, che testimonia come, nel 1978, la pratica dello stage diving fosse ancora piuttosto oscura: “[…] un sacco di gente aveva letto che Iggy Pop lo faceva, e voleva provare a imitarlo. Vidi anche Joe Strummer provarci al Lyceum Ballroom. In quel caso il pubblico si aprì come fosse il Mar Rosso, lasciando che il nostro eroe andasse a schiantarsi sul pavimento di cemento”. |
Revision as of 22:27, 14 November 2019
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