Antefatto: alcuni testi di Bob Dylan, risalenti al tempo delle registrazioni che formarono i Basement Tapes, vengono ritrovati dall’archeo-dylanologo di turno e finiscono, con il consenso (bontà sua) dell’autore, nelle mani di T Bone Burnett, che decide di ricavarne un disco unendo ai preziosi reperti ingialliti dal tempo una parte sonora. Il gruppo radunato dal produttore e chitarrista (che suona in un solo pezzo) comprende Elvis Costello, Marcus Mumford (Mumford & Sons), Taylor Goldsmith (Dawes), Rhiannon Giddens (Carolina Chocolate Drops) e Jim James (My Morning Jacket); la band si occupa del vetusto materiale senza timori reverenziali completando, con piccoli rattoppi e cuciture, alcune mancanze o imperfezioni dei testi, peraltro non sempre indimenticabili, e interpretandoli secondo i propri canoni; l’alchimia funziona a corrente alternata: per esempio, quando guida Costello è difficile scindere l’ interprete dall’autore, mentre gli altri sembrano essere più corretti e a loro agio nel donarsi al progetto senza personalismi; i più efficaci risultano Taylor Goldsmith e Jim James, ma anche il tocco femminile della Giddens offre buoni momenti.
Fortemente radicato nella tradizione roots americana, il disco è, dunque, godibile, onesto, a tratti anche emozionante, ma inferiore, forse, a titoli analoghi come il progetto Mermaid Avenue del binomio Wilco-Billy Bragg che si occupava di testi inediti di Woody Guthrie (forse perché il materiale era di diverso peso specifico). Lost On The River, comunque, potrà contare anche sul "traino" garantito dalla contemporanea uscita "ufficiale" di The Basement Tapes Complete, con cui non può competere per importanza storica, ma rispetto al quale riesce comunque a non sfigurare.
P.S. Insieme al cd è uscito anche il documentario Lost Songs – The Basement Tapes Continued diretto da Sam Jones.
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