Elvis Costello, diciotto dischi all'attivo (raccolte comprese) dal 1977 ad oggi, è uno dei nostri beniamini.
In Italia non ha mai avuto i riconoscimenti che il suo valore di musicista avrebbe meritato, ma ha raggiunto ugualmente un culto considerevole.
La sua figura, gli occhiali alla Buddy Holly, l'abbigliamento da impiegato non gli hanno certamente permesso di sfondare facilmente nel mondo del rock e se ci è riuscito, dopo esserci entrato attraverso le porte aperte dalla rivoluzione punk, dipende solo dalla sua intelligenza e dal suo modo personale di scrivere canzoni.
Costello ha avuto riconoscimenti dalla critica e da colleghi molto più famosi di lui (McCartney ha voluto che scrivesse con lui, Garcia lo ha lodato apertamente e si è sottoposto ad una intervista incrociata su un numero recente di Musician), ma si è sempre guardato bene dal fare musica commerciale: ha fatto sempre e solo quello che ha voluto, con perseveranza.
Ha avuto dei momenti di creatività brillante (Imperial Bedroom, King of America, My Aim Is True, Armed Forces, Punch the Clock), dei periodi di stasi creativa (Trust, Goodbye Cruel World, il recente Spike) ed ha inciso dei dischi che oscillavano tra la normalità e la genialità pura (Almost Blue, Blood & Chocolate, This Year's Model e l'originale Get Happy), ma non ha mai, dico mai, deluso né si è seduto sui propri allori.
Se non ne aveva voglia non incideva, quando era in forma ha fatto persino due dischi nello stesso anno (nel 1986 con King of America e Blood & Chocolate, distanziati pochi mesi uno dall'altro).
Ora, due anni dopo Spike, disco intrigante, bello ma con troppa carne al fuoco, troppe idee e troppi ospiti, torna con Mighty Like A Rose, un album difficile da penetrare, che ha delle costruzioni armoniche complicate e che si rifà, anche se parzialmente, al grande Imperial Bedroom.
Bedroom era sontuoso nei suoi arrangiamenti, con le tastiere in primo piano e costruzioni melodiche geniali, Rose, dal canto suo, ne imita in parte il costrutto, media molto bene tra easy ed hard listening e ci fa ritrovare il Costello che abbiamo amato maggiormente, il musicista occhialuto intelligente ed ironico, introspettivo ed ombroso, che ha seminato note ed arguzia, musica e cultura nei suoi quindici anni di carriera.
Costello non sfonderà certamente in Italia con questo disco, ma, se non altro, con un buon appoggio dalla sua discografica, potrebbe benissimo uscire da quel culto che ormai gli va un po' stretto, perché lui, che lo vogliate o no, è uno dei grandi del rock contemporaneo, la sua musica ha l'impronta del genio e, a distanza di anni, verrà ancora ascoltata con la stessa costanza e dedizione.
Lo hanno chiamato in tutti i modi: scrittore prolifico, politico, importante, influente, ma, comunque lo vogliano chiamare, comunque lo vogliano inquadrare, Costello rimane uno scrittore, un autore, un personaggio, un musicista con una personalità ben definita.
Mighty Like A Rose è concepito e costruito in America, ma di americano non ha molto, se non la produzione di Mitchell Froom, le tastiere di Larry Knechtel e la chitarra di James Burton, è un disco di Costello, personale ed introspettivo, per nulla esteriore od appariscente, difficile da penetrare ma, una volta che lo si è assorbito, è sicuramente destinato a girare per lungo tempo sul giradischi.
Ho atteso, prima di mettere nero su bianco, ho ascoltato decine e decine di volte l'album in questione, lo ho assorbito e penetrato nei suoi anfratti più oscuri ed ho scoperto canzoni splendide, tristi e sconvolgenti, che un primo, rapido ascolto, non mi aveva fatto apprezzare adeguatamente.
Mighty Like A Rose è un grande disco, uno dei migliori di Elvis, ma va ascoltato a lungo, sentito e risentito, gustato ed assaporato con pazienza: solo allora potrete dire di averlo fatto vostro.
Mitchell Froom ha prodotto bene, non ha inserito nulla di personale (in passato ha lavorato anche coi Los Lobos, Del Fuegos e Crowded House), ha solo consigliato a Costello il pianista Larry Knechtel e ha fatto bene, molto bene.
Larry Knechtel, ormai oltre i cinquanta, è uno dei grandi pianisti della storia del rock, fin dagli anni sessanta, fin dalla sua militanza coi Bread: ha suonato in centinaia di dischi, ha scritto una grande pagina della storia della nostra musica offrendo le sublimi tastiere a "Bridge Over Troubled Waters" di Simon & Garfunkel: non ha il nome di Nicky Hopkins, ma è uno dello stampo di Nicky Hopkins.
Ora fa parte della band di Elvis, The Rude 5, assieme a Jerry Scheff, Marc Ribot e Pete Thomas.
Oltre a Knechtel, Elvis ha voluto nel suo disco gente di nome, forse non conosciuti ai più, ma sicuramente molto bravi: James Burton e Jerry Scheff (due grandi, chitarra e basso rispettivamente, che hanno suonato a lungo nella band di Elvis Presley), Marc Ribot (chitarrista per Tom Waits), Pete Thomas (ex Attractions), Jim Keltner (batteria, come Pete, già nella band di Ry Cooder), il padre Ross MacManus, la Dirty Dozen Brass Band, T-Bone Wolk (produttore del bel disco di Willie Nile, ex Hall & Oates band), Benmont Tench (della band di Tom Petty), Fiachra Trench (già collaboratore in studio di Van Morrison), il grande Rob Wasserman, l'amico Nick Lowe e l'ex Alpha Band Steven Soles.
EC ha scritto tutto il materiale di Mighty Like A Rose, con l'eccezione di "Broken" (scritto dalla sua donna, l'ex Pogue Cait O'Riordan), "Hurry Down Doomsday" (scritta a quattro mani con Jim Keltner), "So Like Candy" e "Playboy To a Man" (entrambe scritte con Paul McCartney).
"The Other Side of Summer," che apre il disco, è un raro brano solare: sa di California, coi suoi coretti orecchiabili, ma è anche intenso e godibile, piacevole e ben strutturato. Estiva, canticchiabile e, perché no, radiofonica.
Il brano è stato scelto come singolo ed ha preceduto l'uscita dell'album di circa 15 giorni (a proposito, costellozionisti attenzione: il singolo contiene l'inedita "The Ugly Things," scritta da Nick Lowe).
"Hurry Down Doomsday (The Bugs Are Taking Over)," scritta con Keltner, sta tra Tom Waits e la tecnologia-rock di Stan Ridgway. Introversa.
"How To Be Dumb" è una grande canzone, alla Imperial Bedroom, con il piano di Knechtel in evidenza, in cui la voce di EC va di pari passo con il tintinnare delle tastiere, mentre il ritmo del brano si fa via via sempre più incalzante. Superba.
"All Grown Up," lenta e rilassata, Knechtel sempre molto attivo, ha un bell'arrangiamento di Fiachra Trench e dei testi splendidi. Rilassante.
"Invasion Hit Parade," sarcastica e difficile da penetrare, è un'altra composizione che discende da Imperial Bedroom. Bello l'intervento alla tromba di papà MacManus.
"Harpies Bizarre," clavicembalo e clarinetto in evidenza, gli Harpers Bizzarre in mente, classicheggiante al ritmo di minuetto, dolce e tagliente al tempo stesso. Bizzarra.
"After the Fall," sussurrata, interiore, racconta di un incontro a due, delle bugie di lei, dell'imbarazzo di lui. Splendida e tenue. Altra grande canzone.
"Georgie And Her Rival." Allegra, è un racconto agile, quasi spensierato, sullo stile del primo Costello, con fiati e tastiere (sempre Knechtel sugli scudi), che riprende temi già noti con la solita, smisurata, classe.
"So Like Candy," dopo "Veronica" e i quattro brani apparsi su "My Brave Face" di Macca, riprende la collaborazione tra i due Mc (Cartney e Manus, ovviamente), ed è la più convincente tra le canzoni scritte a quattro mani dai due luminari.
"Interlude: Couldn't Call It Unexpected N. 2" è un breve strumentale della Dirty Dozen Brass Band.
"Playboy To a Man" continua il binomio Mc & Mc, con maggiore energia e meno introspezione rispetto a "Candy." comunque un sano rock costelliano, pluristrumentato. "Sweet Pear." C'è più rilassatezza, la ballata è composta ed unitaria, con la strumentazione ricca che gira attorno alle voci e la chitarra di EC che ricama amabilmente, mentre il piano di Knechtel ed i fiati della Dirty Dozen completano adeguatamente il tutto.
"Broken," composta da Cait, è una ballad intensa e molto triste, poco strumentata e decisamente interiore.
"Couldn't Call It Unexpected N. 4" conclude il lavoro con il suo andamento di valzerone lento, con la voce quasi declamatoria dell'autore, un banjo (courtesy Mr. Ribot), ed una strumentazione volutamente retrò. Nostalgica.
Un disco intenso, pieno di idee, suoni, voci, strumenti, ricco di canzoni da assaporare lentamente: insomma Mighty Like A Rose è uno di quei lavori che si gustano centellinando una nota dopo l'altra.
Raro e prezioso.
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