Mucchio Selvaggio, April 1986

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Mucchio Selvaggio

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The last Elvis Costello interview


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   Bill Flanagan

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Portento di un Costello! Lo chiameremmo infallibile, se altri più pronti ed altolocati di lui non avessero già messo le mani su un aggettivo tanto impegnativo. Ma, definizioni a parte, una cosa ci trova ormai tutti concordi: tra i personaggi emersi dal cataclisma sonoro ‘76/’77, nessuno megilo di lui, e del Clash per altro verso, ha saputo raggiungere una posizione e uno status di musicista classico’ e di figura carismatica, proiettata ben oltre le vicende contingenti della vita musicale. Lungi dall'essere, come tante glorie di una stagione, il prodotto ed il sintomo di un malessere passeggero o la moda che dura un giro di sole, I dischi di Declan McManus, in arte Elvis Costello l’irritante, I’lmmoderato, il Provocatore, il Genio ecc. ecc., ci appaiono sempre più come tasselli di un’opera destinata a restare, capitoli di un lungo Racconto Pop nel quale il mondo, le ‘cose moderne, la nostra vita, trovano una rappresentazione piena e folgorante.


I tuoi albums erano soliti anticipare mode e tempi. L‘ultimo mi sembra più generoso, se mi passi il termine.

Non esiste una risposta facile. La vogua di anticipare i tempi, di giocare le tue carte ¡n modo diverso. faceva parte della mia persona. Questo è uno dei motivi per cui ho voluto cambiare legalmente nome e tornare a Declan Patrick Mc Manus aggiungendo Aloysius per ricordare tutti questi anni. Non comprendo a fondo il motivo per cul lo cambial all’inizio della carriera, forse per ricordare il mito. per convincermi che facevo ormai parte del pazzo mondo del pop.

Certamente la gente continuerà a conoscermi come Elvis Costello. la Columbia non accetterebbe mai di farmi incidere con un altro nome. Alio stesso tempo non volevo diventasse un marchio come Robert Velline (Bobby Vee) e John Cougar Mellencamp.

Reclamavo semplicemente la mia vita indietro. Tutto ciò che riguar dava Costello faceva parte di una specie di gioco, ma lui, in realtà, non esisteva se non nell’immaginazione della gente che ascoltava i dischi e andava ai concerti. E venuto fuori per ragioni di insicurezza. Una parte di esso era reale. una parte fittizia, ma condotta in modo credibile, e una parte era semplicemente scherzosa. Goodbye Cruel World è più onesto. con più amore e generosità. I miel ultimi due dischi erano stati davvero disonesti; in essi c’era una persona onesta che rimaneva nell’ombra. ma è difficile parlarne seriza sembrare pomposi. "Generosita" è una parda che è fluttuata nell’aria per molto tempo. Aveva a che fare con l’influenza di T-Bone Burnett.

Non è comune avere un produttore che ti punzecchia e sprona a sentire la canzone quando componi e quando incidi, che ti ripete: ‘Pensa al brano.. Non nel senso di "Qui’ è meglio senza chitarre" o "Migliorerà quarido avremo Inserito le trombe".

Ci sono stati momenti in cui arrivavamo ad un punto morto, con brani che avevano un sound simile a quello di Tom Petty o di ogni altro disco di pop moderno, ma che risultavano piatti e monocordi. Allora tornavamo in albergo e dicevo: "Forse è megilo che la riscriva" e T-Bone replicava: "No, non c’è fiente che non vada nella canzone. E solo che non la canti nel modo giusto". Abbiamo sempre cercato di dare ad ogni brano abbastanza spazio per diventare quello che era nei tuoi pensieri quando ravevi concepito. invece di trasformarlo in qualcos'altro dopo le prime difficolta. Cosa che puntualmente facevo prima di lavorare con T-Bone. Con gli Attractions, se dopo la quarta registrazione non eravamo soddisfatti, io alteravo un paio di cose all’ultimo minuto e, invece di ottenere qualcosa di brillante, cazzavo su tutta la linea. T-Bone, invece, cercava di ricondurti alle motivazioni che ti avevano spinto a scrivere. Prima di registrare ci sedevamo a cantare ¡ brani, cosa che difficilmente accade in lnghilterra. Con gli Attractions li conoscevo da talmente tanto tempo che mi inibivano, mi bloccavano. Forse alla base di tutto cera mancanza di confidenza, ma ero convinto che avrei dovuto sempre fare meglio dell’ultimo disco, cercando sempre nuove strade. Quando ti trovi con persone che dividono con te la maggior parte della giornata viene da chiederti se possano pensare: "Oh eccolo di nuovo qui con la solita minestra riscaiclata".

Suonare per nuove persone mi ha restituito confidenza.

Ho letto una biografia di Hank Williams dove raccontava che era solito suonare in faccia alla gente brani come "Your Cheatin’ Heart" e poi chiedere: "Carino, non è vero?" E stata una grande ispirazione per me, mi ha convinto che eseguire un pezzo e un po come fare un trucco con le carte. O forse ho maturato confidenza suonando da solo dove era ovvio che avrei dovuto rendere tutto li più chiaro possibile. Cosi al termine del disco mi sentivo motto più a mio agio con gli sconosciuti di quanto lo ero con gli Attractions. La cosa mi sorprese.

Come sel en trato in contatto con quei musicisti?

Partimmo dalla TCB Band perché era quella che mi intimidiva maggiormente. Tutti erano timorosi di suonare con loro perché era il gruppo di Elvis Presley e mi domandavo cosa avrebbero pensato nell'accostare il loro nome al mio. Ma si dimostrarono subito molto disponibili e aperti. il che ci tranquillizzò molto. Il superamento conclusivo di ogni possibile tensione derivata da lavorare con quel musicisti o dai paragoni con Elvis, avvenne quando rimasi con sole quattro corde della chitarra mentre la band continuava a suonare la parte finale di "Glitter Gulch". Quando passai vicino a Jerry Sheff, disse: "Sai. queste cose mi hanno ricordato i tempi in cui suonavo con Elvis”. Il mio cuore stava quasi per fermarsi; lui aggiunse: “Anzi, fatta eccezione per Elvis, le ballate erano proprio come le sue”.

T-Bone mi suggeri di non tenere nascosto il significato delle canzoni. Se volvemo incidere un disco dal contenuto emotivamente alto dovevamo rendere partecipi i musicisti dei piccoli segreti dei brani. Per prima cosa, dunque, radunammo la band al centro dello studio e cantai accompagnandomi soltanto con la chitarra acustica. Spiegai anche quello che rimaneva celato dietro le righe. Credo sia davvero più facile rivolgersi a delle persone che non conosci bene. Gli Attractions hanno suonato come B-sides. La TCB è quella maggiormente presente sull’album, ma non voglio fare paragoni. Dico solo che mi sono divertito molto a lavorare in questo modo e anche il prodotto finale sembra darmi ragione. L’anno prossimo farò qualcosa di completamente diverso.

— Quando canti: "É stata una grande idea — o ideale — per quei tempi / Oggi sono un brillante errore" sembra di sentire il seguito più triste e più saggio del tuo precedente capitolo di "This Year's Model".

COSTELLO: Si, potrebbe essere molto astuto sostenere di non avere cornmesso errori. Oppure farlo, ma non con il capo cosparso di cenere come hanno fatto in alcune circostanze ex-membri dei Beatles. Lo puoi invece fare con un poi di senso dell'umorismo. Quel brano é una sorta di introduzione all'intero album. ma anche una sconfessione di tutto quello che é su esso contenuto. Non era prev'sta nessuna dichiarazione roboante, né volevamo fare un disco di confessioni. ma parecchie cose che ritrovi tra i solchi sono decisamente vere, Non c'è più ragione di continuare ad essere timidi e riservati o nascosti dietro una patina di manierismo. Ci sono parti di una storia che non è necessariamente la mia, pagine che non sono esattamente le pagine della mia vita.

"Brilliant Mistake" è una canzone triste e buffa allo stesso tempo. Riguarda l'America e le ambizioni perdute, non una scomparsa di ispirazione. È su qualcosa in cui credevi e che adesso è soltanto frustrazione o scontentezza. Sono certo che molte persone che compreranno il disco interpreteranno male.

Un verso dice: "C'è un trucco che fanno spesso con specchi e sostanze chimiche". Parlavo del mondo della celluloide, di specchi, proiettori e macchine da presa: l'altro giorno mi è venuto in mente che si potrebbe fraintendere e pensare alla cocaina.

Avrei potuto scrivere un grande brano sull'America come "American Tune" di Paul Simon, penso invece che "Brilliant Mistaken" sia più simile a "Peace Like A River', una storia personale all'interno di un più vasto artificio insopportabile.

Ho sempre cercato di dare tutti i giusti requisiti alle mie canzoni a costo di perdere in sincerità: non volevo che qualcuno saltasse su a dire: "Che punto di vista ingenuou". E facendo questo vedo di aver incontrato più volte quell'ingenuità che cercavo di lasciar fuori. Questa è l'ironia della situazione. Ripeto che runico album veramen. te schietto ed onesto è l'ultimo. anche se "The Only Flame In Town", 'Kid About It". o "Man Out Of Time" sono comunque brani sinceri.

— "Alison" rappresenta una storia a sé nella tua produzione precedente. Non é stata un po' una pagina di confessioni?

COSTELLO: Certamente ho dimostrato che ero in grado di scriverne una. Credo anche di essere riuscito ad evitare di fare dei commenti in prima persona su di una situazione speciale.

Questi commenti erano inseriti nella tecnica del brano, nel modo in cui dicevo "lo so che questo mondo ti sta uccidendo".

Ho sempre usato una certa dose di ambiguità per rinforzare sotto le righe i concetti espressi chiaramente e immediatamente percepibili. "Watching The Detectives" è strutturata allo stesso modo. In questa maniera riesci ad esprimere molto più potentemente il tuo punto di vista evitando di dire: "Guarda tutte le mie ferite". La gente avrebbe detto: "Ugh!" e voltato pagina.

Nei miei primi due dischi ci sono molti riferimenti a ciò che la gente chiama «storie di perdenti e di perdigiorno".

In realtà quegli episodi si possono leggere anche in un altro modo. Siccome sono sempre stato contro gli atteggiamenti del rock'n'roll e certe sue manifestazioni false ed esteriori. ho cercato di scrivere sempre nella maniera opposta. lo mi ritengo fortemente offeso dai Led Zeppelin, non solo perché sono dei perfetti ciarlatani disonesti, ma perché mi creano anche imbarazzo. Lo sono cresciuto spaventato e randellato da Deep Purple e merda heavy metal di quella risma. Quando scrissi “Miracle Man” e altri brani del genere avevo bene in testa quella che io ritenevo la cosa importante e cioé scrivere al di fuori del mito dei buoni a nulla. Il mio fu un tentativo di equilibrare la bilancia che dall'altro Iato aveva canzoni senza senso e senza gusto. Cercai di farlo principalmente con I'ironia, rumorismo. Prima dell'album d'esordio scrissi moltissime canzoni, cominciai a comporre quando avevo quindici anni e avevo appena imparato a suonare la chitarra. Non avevo nessuna ambizione di diventare musicista professionista, ma sentivo la necessità di scrivere. Buttavo giù versi e pensieri su un pezzo di carta di giornale mentre andavo al lavoro in treno. Il mio primo nastro conteneva trenta canzoni. Solo due di esse finirono sul primo disco, le altre vennero gettate o rifatte. Non appena ebbi I'opportunità di comporre per un album misi da parte l'innaturale complessità di alcune composizioni.

"Blame It On Cain” sembra un pezzo della Band.

COSTELLO: Quando non hai un contratto puoi sperimentare diversi stili di scrittura, puoi domandarti se sei in grada di scrivere con questi parametri. Quel brano è nato quando mi sono chiesto: “Posso scrivere qualcosa del genere?”. Cera qualcosa di mio dietro, ma soprattutto una grande ammirazione per il lavoro di Robbie Robertson. Dal vivo introduco addirittura un break di chitarra con le stesse modulazioni di "Just Another Whistle Stop” dove Robertson si lancia in una serie di modulazioni più basse. Naturalmente non è venuto fuori come desideravo: probabilmente ha 10 stesso sound di Bob Quine in una notte di scarsa vena.

Un paio di canzoni dello stesso album, come “Sneaky Feelings”, sono state arrangiate sullo stile Tamla/Motown. ma é quasi impossibile accorgersene perché le ho registrate con una bar band californiana, i Clover. Imparavamo continuamente nuovi pezzi e Ioro non erano neanche in grado di ricordarne i nomi. Volevo fare "Red Shoes" e loro dissero: “Ah, vuoi dire quello che sembra un brano dei Byrds?”, lo naturalmente arrossii perché era evidente. Siccome la canzone era una specie di compromesso di una generazione, ravevo scritta con qualche sound di “Turn! Turn! Turn!".

Per "Waiting for The End Of The World" invece avevo in mente i Velvet Underground. I Clover non li avevano mai sentiti e cosi quella canzone non aveva niente dei Velvet Underground, il che fu positivo. beninteso. Quasi ogni song del primo album è l'opposto — una versione malata di un'altra song. Come "No Dancing".

Quando dici che mettesti da parte l'"innaturale complessitá" di alcune composizioni, ti riferisci all'impatto del punk sulla musica precedente?

COSTELLO: Ricordo che uscii per comprare i dischi dei Pistols e dei Clash e dopo averli ascoltati pensai: "Questo è quello che sta attirando tutta l'attenzione della gente". Sapevo che le canzoni che avevo scritto erano troppo avanti rispetto ai tempi e troppo fuori moda. Pensavo che sarei stato etichettato come «fuori mano» e licenziato in tronco. Il mio accento sul primo disco era più amerjcano di adesso. Non c'era niente da fare: quello era il modo in cui avevo imparato a cantare. Immagino abbia a che vedere con gli artisti che mi piacevano all'epoca — Rick Danko, Van Morrison. Randy Newman. Ecco perché penso che Johnny Rotten sia stato grande: é stato il primo artista inglese di rock'n'roll.

Ottenuta I'opportunità di incidere un disco e tenuto conto del clima musicale che si respirava in Inghilterra in quel periodo, mi accorsi che i miei brani non presentavano alcunché di originale. Quindi scartai molto materiale, salvando solo i pezzi più frastagliati. Cominciai a scrivere più conciso e nacque il primo Lp. Ma avanzavo abbastanza materiale per inciderne un altro e quindi, in termini quantitativi, sono sempre stato un album avanti: questo per quattro anni. Alcune canzoni smantellate o anche solo versi di canzoni sarebbero poi comparsi più avanti nel tempo. "King Horse" da "Get Happy" la scrissi quando avevo diciotto anni, "New Lace Sleeves" a diciannove.

Riesci ad immaginarla sul mio primo album? Era troppo precoce nella melodia, la gente l'avrebbe ignorata o derisa. Dovevo semplificare. Avevo desiderato per anni di far parte di un gruppo, bussato a molte porte e mi ero comportato in modo oltraggioso e duro con gli uomini della A&R. Quando la Stiff Records si mise sotto contratto dissi a me stesso: "Adesso è giunto il momento di fare qualcosa". Il mio unico timore era di aprirsi troppo al pubblico.

«This Year's Model» ha avuto come padrini «Aftermath» dei Rolling stones, i primi due albums degli Who e un altro paio di LP's dei Kinks

Questa camicia di forza che avevo volutamente indossato divenne ben presto un mostro alla Frankenstein e condizionò il mio lavoro successivo. Ogni cosa che accadeva al di dentro e al di fuori della mia carriera non faceva altro che rinforzarla cosicché la gente guardava alle mie canzoni con un occhio differente. Con il passare del tempo divenne molto stilizzata.

Poi arrivò il contratto per il secondo album per il quale non ho mai ricevuto pressioni a livello conscio. ma sicuramente era incalzante il pensiero di dover dare alla gente quello che si aspettava e, se possibile. anche di più. La mia esperienza, che poi si rifletteva nel comporre, aumentava con il viaggiare in continuazione.

Il primo disco era formato da appunti e scarabocchi scritti sui bordi dei giornali e ficcati in tasca; la prima volta che andai in America decisi di tenere sempre con me un blocco per gli appunti, e mezzo «Armed Forces» nacque dalle mie riflessioni sulle cose che vedevo dai finestrini del bus.

Guidando per il Santa Monica Boulevard puoi vedere almeno cinque insegne di negozi che inserirai in un brano.

Era solo una gradazione diversa degli stessi quadri di gente che va e torna dal lavoro con la metropolitana e dei pensieri sulla mondanità e eccitazione della vita quotidiana.

Quelle canzoni furono inoltre influenzate dal successo, dal fatto che ora avevo un’audience e dalla progressiva sperimentazione di cose che non avevo mai fatto in precedenza come bere come una spugna e prendere droghe, tutte cose che possono alterare il tuo songwriting per la differente articolazione dei tuoi pensieri.

Da un lato mi rendevo conto che stavo attraversando l'America, andavo per la prima volta a Manhattan e assorbivo quello che vedevo come in un film. Dall'altro lato c’era la rigida professionalità dovuta all’essere in una band che ti portava a lavorare duramente come non avevi mai immaginato prima.

Quando lavoravo ai computer trascorrevo parte delle mie giornate a leggere i fogli di musica, quindi conosco perfettamente le trappole del produrre un sound di maniera. Ero consapevole che la mia musica aveva qualcosa di insolito, che sfuggiva alla normalità, e questo è il motivo per cui "This year's Model" è più duro e difficile del primo. Un altro motivo è rappresentato dai musicisti che vi hanno suonato e che erano inglesi. quindi con una diversa attitudine. «Armed Forces» fu invece molto più dolce. Perché lasciò emergere lo stile, e fu raspetto dell'emozione, non la musica. a diventare la carnicia di forza.

Anche il sound degli Attractions aggiunse qualcosa alle canzoni.

COSTELLO: Si, e la cosa mi piaceva. Erano tutti ottirni musicisti — a quel tempo molti gruppi avevano feeling, ma non grandi capacità — e per questo motivo esisteva il pericolo che suonassero come una grande band, ma da brevi intrattenimenti, se mantenevano il sound troppo brillante e lucido. Anche per questo continuavo a cambiare in ogni disco: non volevo levigare troppo il suono con il rischio di renderlo finto e innaturale. Inoltre abbiamo rubacchiato da diversi stili. "This Year's Model" ha avuto come padrini "Aftermath" dei Rolling Stones, i primi due albums degli Who e un altro paio di LPs dei Kinks. Mi piacevano i gruppi punk più strambi, non quelli che sparavano heavy metal a velocità incredibile. Mi piacevano i primi Talking Heads, ad esempio. La gente e i giornalisti non hanno mai capito moltissimo delle mie influenze. Forse perché la struttura delle songs -specialmente nel primo disco — ricordava quella di certi albums degli anni '60, oltre al mio look e al nome Elvis. Così non si preoccupavano di ricercare con attenzione le idee che avevo rubato da altri artisti, Risfogliavano il catalogo del vecchio rock'n-'roll, mentre io ascoltavo semplicemente i Talking Heads. Abbiamo involontariamente lasciato tracce false e una cortina di fumo. Ascoltavamo dischi contemporanei, prendevamo in prestito qualche idea, e, siccome gli Attractions le suonavano in modo differente, nessuno aveva il minimo sospetto. Dopo il cambiamento. a volte, non ricordavo neanche più la versione originale. Perché loro gettavano fumo negli occhi dicendo: '«Vuoi che suoniamo come non fossimo capaci a farlo?"». Tutto usciva fuori distorto.

Anche il mio modo di scrivere non rappresentava uno sforzo verso l'arte come molti critici pomposi amavano pensare.

I miei dischi non erano né pietre miliari, né comandamenti da incidere sulle tavole di pietra. Nella lora costruzione, anzi, erano un lavoro piuttosto monotono. Ma, fortunatamente, nel cuore del brano o del disco c’era il pezzetto di verità.

Non ho nessuna tradizione di purista alle spalle a cui appoggiarmi. Ogni artista pop è un furfante, una gazza ladra, Ho un’affinità emotiva con alcuni stili, ma nessuno di essi mi appartiene.

Non vorrei, tuttavia, che si pensasse che il contenuto di ogni disco sia stato preparato con noncuranza. Non ho mai concepito il songwriting come arte. Mi piace pensare che quando ti siedi al tavolo per comporre e non trovi una penna, ti arrangi col rossetto. La stessa cosa accade con la musica: se non riesco a trovare un ritmo che mi soddisfa, allora ne prendo in prestito uno e lo altero.

Su «Armed Forces» c'è contrasto tra musica e testo. Le liriche, come ho già detto, sono nate dall'osservare fuori dal finestrino, il sound riflette Ia monotona musica senza radici che ascoltavano sui buses: Abba. Kraftwerk, David Bowie.

— Fai un esempio d ‘una frase nata dall'osservare fuori dal finestrino.

COSTELLO: “Quisling Clinic" in «Green Shirt». C'é una Quisling Clinic a Madison, Wisconsin. A dir la verità, quei brani non sono neanche ben scritti, sono troppo frammentari. Se consideri le canzoni come a se stanti vedrai che non hanno molto senso, che non dicono molto. Quello era il mio momento e il disco riflette quella sensazione. Voglio dire che quello era il momento in cui mi sono sentito una pop star per circa dieci minuti. Ne ero consapevole. É quindi naturale che il disco non abbia molto senso. Eravamo tutti completamente matti. Dopo il terzo disco ti rendi conto che hai stabilizzato una tua identitå, una sorta di tradizione. Da quel momento diventa tutto più difficile. Molte delle canzoni di «Get Happy!» sono state scritte per strada e arrangiate seguendo i criteri alla moda del disco precedente, soltanto con i ritmi un po' più accelerati, perché le nostre vite stavano diventando più frenetiche. Prendevamo più droghe del solito, bevevamo sempre di più, eravamo costantemente sulla corda. Era inevitabile che il sound fosse più veloce. Entrammo negli studi per registrare e il prodotto ci sembrò disgustoso. Rivoltante. Suonava grossolano, fastidiosamente grazioso, era esattamente quello che avevo sempre odiato. Avevo già visto dei musicisti che ammiravo cadere in questa trappola e rimanerne poi a lungo imprigionati. Così uscimmo per andare a bere qualcosa al pub. lo dissi: «Facciamolo come l'avrebbe fatto Booker T. and MGs». Sicuramente fu tutta una suggestione, ma quello risultò comunque essere il nostro album soul.

Quell'album fu demenziale, e il modo in cui lo registrammo lo fu altrettanto. Eravamo in Olanda in un caffè, io vidi una stupenda cameriera e ci scherzai sopra: «Voglio possederla». Poi ci riflettei su: «Possesso?» Questa è una buona ideal». Cosi ci scrissi sopra una canzone solo per vedere se ero in grado. E questo è il motivo per cui quel disco ha molte canzoni che non valgono poi molto. Quando forzi te stesso così tanto, i brani vengono fuori mal scritti. Nonostante questo, a volte, estraendo materiale, cose e riflessioni in continuazione, ci scappa qualcosa di buono e profondamente vero.

A volte esasperavo la band con la pretesa di cambiare arrangiamento ogni dieci minuti. Oppure correggevo un brano dicendo: «Qui bisognerebbe aggiungere questi accordi». Dopo cinque albums molte delle mie canzoni poggiavano su delle strutture irregolari, difficili da imparare. «King Horse» ha tre versi apparentemente con lo stesso sound e che invece sono completamente differenti nella lunghezza e negli accordi. Immagino fosse frustrante per gli Attractions sentirmi dire: «Quello di cui abbiamo bisogno e un altro pezzetto qui in mezzo». A volte decidevo di cambiare completamente la base ritmica e, a quel punto, le parti del basso diventavano un problema perché alcuni pezzi avevano troppi accordi perché un bassista potesse suonarli in modo fluido. Senza contare che spesso, quando riusciva a raggiungere un buon risultato, decidevo magari di rivoluzionare di nuovo tutto.



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Il Mucchio Selvaggio, No. 99, April 1986


Bill Flanagan interviews Elvis Costello (from Musician, March 1986). Translation by Massimo Cotto.

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