Il disegno di mettere Elvis Costello al posto di John Lennon non funzionerebbe se l'obiettivo fosse quello di ricostruire i Beatles, ma andrebbe benissimo se si trattasse più realisticamente di affiancare a Paul McCartney un intelletto dinamico e melodico quanto John Lennon. Costello inoltre è abbastanza XTC perché la placida perfezione di Paul acquisti una maggiore mobilità: ritornelli con salti di tono, invasioni timide nella dissonanza (ma pur sempre invasioni in piena regola), e qualche follia vocale che si aggiunge al clima già abbastanza cabarettistico di certi racconti del-l'ex-Beatle, sono il bagaglio, la dote di questo matrimonio che ha già dato frutti eccellenti come "We Got Married," che era appunto una sorta di cronaca delle nozze in questione.
Dal canto suo, Costello ha tratto dal mistico mondo di Paul quel tanto di intransigenza per consegnare alle sue canzoni (al suo songwriting) un maggiore ordine spirituale. Prima Costello era un estemporaneo che approfittava del suo genio molto meno di quanto non ne restasse vittima, adesso è più capace di controllarsi, più maturo, forse anche più creativo.
E' vero che alcuni spunti di My Aim Is True sono l'antologia del gusto inglese e una corretta spiegazione di come fosse possibile continuare a scrivere canzoni dopo i Beatles. Come lui, soltanto Elton John, Paul Weller e Paddy McAloon. Ma il suo disco più affascinante e completo rimane comunque Almost Blue, ossia l'unico a non rappresentare affatto le radici del nostro ineffabile MacManus. Quale il motivo di questo inatteso scambio di ruoli? Per trarsi dall'impaccio di dover spiegare troppo, Costello prese le distanze dal suo album country, dimenticando però che "Good Year For The Roses" era ed è ancora oggi una delle canzoni che scandiscono il tempo come le meridiane degli antichi. Ma la vera spiegazione era che a lui risultava più facile scherzare con la cultura degli altri che essere serio con la propria. Tranquilla con quella, incerto con questa.
La vicinanza di Paul è dunque servita a correggere questa imperfezione? Può darsi. Fatto sta che Mighty Like A Rose è una ruota che gira, un quadro esauriente che snocciola colori che vanno dal post-"Long Hot Summer" al lollipop di un'altra estate racchiusa nelle tristezze di "The Other Side Of Summer," dalla bonaria grandezza di "Georgie And Her Rival" al terzinato rustico di "Sweet Pear" e al beatlesiano inciso di "So Like Candy." Il suo invito alla felicità rimane un mistero che mi intriga. Come suona il get happy di un uomo abituato a rendere come artista soltanto quando può permettersi il lusso di vendere la propria tristezza?
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