Molti artisti durante la loro carriera musicale cercano di diventare leggenda, ma pochi sono quelli che realmente entrano a far parte di questo olimpo ristretto. Alcuni membri di questo "club esclusivo" devono certamente essere Dave Edmunds, Graham Parker, Nick Lowe, Brinsley Schwarz, Elvis Costello e pochi altri, quei musicisti che gli inglesi chiamano "The Pub Rock afterglow", ovvero gli ultimi bagliori od i figliastri del movimento pub rock.
Se il Pub rock accomunò nei settanta tutte quelle bande e quei cani randagi forgiatisi all'interno dei piccoli clubs, una specie di revival del fenomeno americano delle garage bands, negli ottanta quei vecchi marpioni che hanno saputo resistere alle tentazioni od agli scossoni del new-wave sound sono oggi divenuti piccole leggende viventi. Strano a dirsi, tutti questi musicisti hanno oggi raggiunto la quarantina e visto che non esiste più un movimento ben preciso atto a raccoglierli nel loro insieme, l'unico baluardo unificatore rimane il rock 'n' roll, una vecchia passione con molti compleanni sulle spalle da difendere strenuamente. Ecco che i vari Edmunds, Parker, Lowe e compagnia ne inventano una nuova ogni anno, e, nonostante siano vicini alla quarantina, on the road da almeno due decadi, continuano imperterriti a macinare note su note, con la grinta di sempre, con, cosa più incredibile, il pubblico di sempre, un pubblico permeato dai ricambi di gusto generazionali, arricchito da innesti continui, abbagliato dal vecchio rock 'n' roll che i nostri eseguono con tanto ardore e passione.
Per capire meglio questo fenomeno quasi magico e leggendario, abbiamo captato alcuni punti di vista di questi randagi d'Europa e d'America, girovagando qua e là per toccare con mano lo stato di salute dei nostri protagonisti. L'aspetto più bello di questa linea verde con quarant'anni appresso è il fatto di suonare rock 'n' roll per puro divertimento: se Joan Jett, una delle teen-ager, più in voga, oggi canta “I love rock ‘n’ roll”, lo deve un tantino anche a questi simpatici vecchietti.
La storia di Dave Edmunds coincide con quindici anni di rock’n’roll, costellata de nnumerevoli episodi che richiederebbero quasi un libro per essere reccontati. A grandi linee, le tappe più importanti di Dave si identificano agli esordi con una band di rock blues di nome Love Sculpture (due albums per la Decca) e poi con una carriera solistica, nell’arco della quale Edmunds ha inciso sei albums. Accanto a ciò, vi sono l’esperienza con il grande amico Nick Lowe, denominata Rockpile (un lp e parecchie live performances), ed un assiduo lavoro in fase di produzione (Shakin Stevens, Flamin Groovies e Stray Cats i nomi più asltisonanti), unitamente a quello svolto all’interno del label indipendente Stiff. Abbiamo incontrato Dave Edmunds di recente, in quel di Zurigo, dopo un concerto a dir poco entusiasmente, in cui Dave ha presentato vecchi pezzi ed alcuni del suo ultimo lavoro “DE7”. La conversazione cade subito sullo spinoso argomento Rockpile: “I Rockpile nacquero per caso; io avevo un contratto discografico, Nick Lowe ne aveva un altro, entrambi come artisti solisti, e quindi sentivamo l’esigenza di formare una band, i Rockpile per l’appunto. L’errore consistette nel fatto che non riuscimmo a fondere le nostre due personalità all’interno della band, non riuscimmo, ad immettere altri ingredienti che non fossero caratteristiche peculiari mie o di Nick. L’album dei Rockpile ere grande, i nostri concerti pure, ma la cosa curiosa fu che io produssi le canzoni che cantavo e Nick fece la medesima cosa. Non siamo riusciti ad agire all’interno di una band e per questo i Rockpile si sono sciolti, poiché ci sembrava assurdo proporci come gruppo, quando invece eravamo due solisti che agivamo assieme all’interno di un gruppo, senza creare qualcosa di veramente nuovo e produttivo che si differenziasse dalle prerogative delle nostre due carriere solistiche”.
Riguardo al fatto che un artista come Edmunds suoni principalmente per puro divertimento Dave ha dichiarato: “Mi diverto molto di più oggi di alcuni anni fa. C’è stato un periodo dal ’69 al ’75, in cui ebbi una crisi d’identità, perché pensavo di non rendere sul palco, di non riuscire a dare nulla al mio pubblico; poi, con i Rockpile, mi convinsi delle mie possibilità e con la band che ho attualmente è fantastico suonare rock’n’roll”. Punzecchiando Dave Edmunds sul vivo della questione, ovvero perché questi quarantenni abbiano ancora così tanto fascino, vengono fuori cose interessanti: “Il mio approccio alla musica negli anni non è affatto cambiato, poiché ancora oggi prendo il rock’n’roll come cosa genuina. Il fatto che il pubblico ami e continui ad amare gente come me, Nick Lowe or Graham Parker è in parte casuale, in parte normale, perché io e Nick abbiamo sempre dato al pubblico qualcosa che ama, vecchi hits dei sixties e dei fifties che piacciono sempre; che poi io abbia raggiunto più volte le charts inglesi, questa, a mio avviso, è solo fortuna, in quanto in un paese come l’Inghilterra, ove tutto cambia così velocemente, tu puoi avere alcuni hits in vari periodi di tempo od averne tre or quattro nello stesso periodo e poi sparire inesorabilmente. Per quanto riguarda la mia collaborazione con la Stiff, giudico positiva ogni tipo di iniziativa delle labels cosidette indipendenti, sono state quelle che hanno diffuso il rock’n’roll in America.”
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