Per usare un'espressione abusata, Elvis Costello è stato uno dei musicisti più geniali venuti fuori con la new wave. Un interprete sopraffino, una voce suadente, una gran band (gli Attractions) e soprattutto magnifiche canzoni. Non tutte magnifiche, perché Costello è sicuramente un logorroico, per cui di canzoni ne ha scritte a centinaia; però quelle belle sono dei veri e propri classici, sparsi su tutti quanti i suoi dischi, da quelli memorabili a quelli più noiosi.
Musica Infedele ecc. ecc. è la sua autobiografia. Adoro le autobiografie dei musicisti, non perché svelino segreti straordinari o siano sincere o anche solo attendibili, ma perché aiutano molto a inquadrare la personalità di musicisti che per lo più conosciamo solo attraverso i loro dischi. Certo, siccome il talento è specifico, salta fuori che la maggior parte dei musicisti non sa scrivere in prosa, e quasi sempre si fanno aiutare nella loro impresa da ghost writer o, peggio, da scrittori professionisti americani di biografie, la cui scrittura è eccitante quanto una ragazza fredda e una birra calda.
A volte ti rendi conto che il musicista è un idiota, altre volte il contrario. Un musicista che ha scritto di proprio pugno la sua autobiografia è Chuck Berry, probabilmente soprattutto perché non voleva pagare nessuno che lo facesse. Berry è il poeta laureato del rock'n'roll, e le sue liriche sono da antologia. Nel libro si dimostra al contrario una persona molto semplice, e questo è una conferma di più della mia teoria che il talento è estremamente specifico, e largamente indipendente dal livello di cultura.
L'unico musicista di cui ho letto una autobiografia memorabile e sicuramente autografa è Bob Dylan, che scrive in prosa con il medesimo talento che ci mette nelle liriche.
Anche il libro di Costello è sicuramente scritto da lui, perché non segue nessuno dei cliché dei ghost writer di professione. D'altra parte Costello è britannico e non americano, e questo qualche cosa vorrà ben dire.
Il suo libro è un investimento, perché costa più della media, ma d'altra parte è anche decisamente più spesso della media: un bel mattone di quasi novecento pagine.
Sfortunatamente è anche molto noioso. Almeno, lo è nelle prime 200 pagine, perché è li che sono arrivato fino ad ora, e non sono sicuro che resisterò ancora molto. Costello è un uomo riservato, per cui sembra restio a raccontare fatti privati che vadano più in la della adolescenza; resta dunque da domandarsi cosa lo abbia spinto a scrivere il libro. Tutta la conversazione delle prime duecento pagine ricorda il dialogo di un ubriaco: storie fumose mal definite che spuntano dal nulla e ne escono senza che si riesca a comprenderne la morale. È come avere la fortuna di sedere al pub con un musicista che adori, disposti a distillare il massimo dalle sue incerte confidenze, senza però riuscire a venirne a capo. Quello che salta fuori è che per essere il talento che è, pare non esserne molto sicuro; di certo è una persona molto più modesta dell'arrogante personaggio che metteva in scena nei giorni del punk. Offre l'impressione di una persona dolce e piacevole, e alquanto sfuggente. Ma quello che a Costello sembra sfuggire è che un libro deve avere una storia da raccontare, e che le parole a ruota libera alla fine diventano soporifere.
Facciamo così: mi metterò a leggerne qualche pagina a caso molto più avanti; se la cosa si fa interessante tornerò a correggere la recensione. Intanto mi accontento di riascoltare le sue canzoni, che sono davvero belle, e superbamente arrangiate.
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