La doppia anima di Elvis: da una parte c’è l’amore per il rock, dall’altra l’avvicinamento ai territori del jazz e della classica contemporanea, e la distanza, sempre più evidente, negli ultimi anni, dalla musica delle origini. Costello a dire il vero un po’ schizofrenico lo è sempre stato, la sua carriera è disseminata di episodi ai confini di genere: a ricordarlo, alcune collaborazioni: Chet Baker, Burt Bacharach, Anne Sophie Von Otter, il Brodski Quartet.
L’ultima uscita My Flame Burns Blue, che l’autore definisce non senza il vezzo dell’autoironia “first rock ‘ n’ jazz record” è un live registrato nel luglio 2004 al North Sea Jazz Festival de L’aja, con la Metropole Orkest di Vince Mendoza (un ibrido tra una jazz band e un’orchestra classica) e l’accompagnamento al piano del fido Steve Nieve. Arrangiati per piano, voce e orchestra, sono rivisitati, insieme a pezzi inediti, classici slow del repertorio costelliano come God Give Me Strenght, Almost Blue, e gioiellini del calibro di Clubland, Watching The Detectives, gli ultimi due deliziosamente stravolti, da sembrar fatti apposta per essere eseguiti da un’orchestra.
Costello è perfettamente a suo agio, anche con classici del jazz (da Charles Mingus a Billy Strayhorne), muovendosi con sicurezza da un territorio all’altro, con la sua voce imperfetta e calda, a fare da collante ai pezzi, ritmo e swing in sintonia.
E viene da pensare che in fondo non ci manca troppo il Costello pop, sappiamo che tornerà, prima o poi, sotto altre vesti, a deliziarci ancora.
(Il disco è pubblicato, in edizione limitata, con un secondo CD, che contiene buona parte de Il Sogno, uscito l’anno scorso con la London Simphony Orchestra e dedicato all’opera di Skakespeare).
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